venerdì 15 maggio 2015
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Le vittime prima di tutto. Ma ad Aleppo un inestimabile patrimonio culturale sta scomparendo davanti ai nostri occhi. L’allarme è risuonato più volte negli ultimi mesi, come alla fine dell’anno scorso, quando un rapporto delle Nazioni Unite ha parlato di danni a 135 edifici storici della città, tra cui 22 completamente distrutti (sui 24 censiti in tutta la Siria). Un altro censimento dei danni è arrivato a febbraio dal Dipartimento delle Antichità siriano.  Una vera e propria cancellazione della storia di questa città, dove gli insediamenti umani risalgono a 7.000 anni fa. Oggi, la metropoli simbolo della convivenza tra arabi, armeni, curdi e turcomanni, e che nel 2006 è stata eletta a «capitale islamica della cultura» è irriconoscibile. Le distruzioni hanno toccato diverse moschee, come la Moschea omayyade, ma anche la famosa Cittadella, inserita dall’Unesco nel 1986 nel patrimonio mondiale dell’umanità insieme con la Città vecchia. Hanno toccato anche la sinagoga Bandara e diverse porte storiche, hammam, madrasse, caravanserragli e suq.  Con la distruzione di alcune chiese si perde anche un pezzo della storia cristiana di Aleppo. Del 26 aprile scorso la notizia della distruzione di due chiese di grande importanza storica: quella armenogregoriana dei Quaranta martiri di Sebaste (che il 26 aprile del 2000 aveva celebrato il quinto centenario del suo primo ingrandimento) e la cattedrale maronita.  La prima chiesa era stata descritta dall’italiano Pietro Della Valle, che ha visitato Aleppo nel 1625. Nei secoli era stata arricchita di icone, dipinti, reliquie e “khatchkar”, le stele di pietra scolpite a forma di croce che costituiscono un elemento figurativo caratteristico della religiosità armena. La cattedrale maronita, dedicata a Sant’Elia, era stata invece edificata nel 1873 sul luogo di una precedente chiesa maronita risalente al XV secolo. Possedeva una preziosa raccolta di manoscritti, opera del vescovo e poeta Germanos Farhat. Nella sua plurimillenaria storia, Aleppo è sopravvissuta a diverse distruzioni, dovute alla natura o all’uomo. Le cronache ricordano due terribili terremoti (nel 1138 e nel 1822) come pure le distruzioni operate da Tamerlano. Lo stesso quartiere cristiano di Jdaideh, dove sono site entrambe le chiese distrutte, era sorto per accogliere i cristiani fuggiti davanti all’avanzata mongola. Segno forse che il tempo della barbarie non è ancora finito.
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