martedì 22 marzo 2016
​Roberto Veiga, creatore di Cuba Posible: centrale la tappa in Cattedrale. Obama ha voluto dare un palese riconoscimento all’importanza della Chiesa nella costruzione del futuro del Paese.
Veiga: «Ruolo cruciale della Chiesa nel nostro futuro»
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Il “debutto” ufficiale del presidente Barack Obama all’Avana si è svolto  nella Cattedrale coloniale. Là, fra i marmi barocchi, il capo della Casa Bianca ha incontrato il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo della capitale, e una delegazione della Chiesa cubana. «Molto di più di un omaggio al ruolo cruciale svolto da quest’ultima, in particolare dal cardinale Ortega e da papa Francesco, nel disgelo, annunciato il 17 dicembre 2014. Obama ha voluto dare un palese riconoscimento all’importanza della Chiesa nella costruzione del futuro del Paese». La voce di Roberto Veiga tradisce platealmente l’emozione. L’avvocato non fa niente per nasconderla. «Stiamo vedendo scorrere la storia di fronte ai nostri occhi», afferma Veiga che, insieme a Lenier González, ha fondato, l’8 settembre 2014, Cuba Posible, laboratorio di idee e di dialogo tra i più innovativi dell’isola. Un’esperienza maturata nel decennio in cui il “duo” ha diretto la rivista cattolica Espacio Laical. Viste le date, qualcuno parla di Primavera cubana... Nell’isola non abbiamo le stagioni. Quello che sta avvenendo a livello socio- politico, però, è in effetti simile a una primavera europea. I cubani stanno realizzando, da qualche anno, non senza difficoltà e retrocessioni, nuovi e irreversibili percorsi verso un presente e un futuro migliori. La presenza di Obama darà ulteriore sostegno a tale cammino. La Chiesa ha dato un apporto importante al “nuovo corso” cubano... Lo sta dando tuttora. La Chiesa è l’istituzione più antica dell’isola e ha sempre giocato un ruolo cruciale nella sua storia. L’ultimo esempio è il contributo alla normalizzazione con Washington. Grazie a tale credibilità, la Chiesa può dare un contributo fondamentale nel presente e nel domani del Paese. Il disgelo e, ora, il viaggio di Obama hanno riaperto una porta chiusa da oltre mezzo secolo. C’è il rischio che la potenza economica Usa “divori” il Paese, trasformandolo in una sorta di protettorato informale Nella prima metà del Novecento è accaduto. Il rischio esiste ma non va enfatizzato. Abbiamo l’opportunità storica di costruire relazioni bilaterali davvero nuove. Una sfida non è facile ma nemmeno impossibile. Gli Stati Uniti sono consapevoli delle conseguenze portate dagli errori del passato. E questo dovrebbe scoraggiarli dal ripeterli. L’influenza di Washington – se evita di trasformarsi in ingerenza – può essere positiva per l’Avana, rafforzando i “puntelli” della sovranità nazionale: educazione, sviluppo economico rivolto al bene comune e un modello sociopolitico efficiente.
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