sabato 16 maggio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Una festa. Una grande festa, aperta a tutti. Così il migliaio di abitanti indù di Ttarkerabari – un paese nel distretto Nepalese di Okhaldhunga, a 200 chilometri nord-est di Kahmandu – aveva vissuto l’ordinazione del decano gesuita, Tek Raj Paudel, lo scorso 25 aprile. Condividevano la mia gioia, per questo hanno partecipato», dice ad Avvenire padre Paudel. Poi, è arrivato il terremoto, il cui epicentro era localizzato proprio vicino a Ttarkerabari. Il sisma, che ha devastato la regione himalaiana e causato la morte di oltre ottomila persone, è avvenuto intorno a mezzogiorno, appena mezz’ora dopo la cerimonia di ordinazione celebrata dal vescovo, Paul Simick. La chiesa era affollata. Ai primi banchi c’erano centinaia di indù, paesani del neo-sacerdote. «Nessun abitante – continua padre Paudel, che è l’unico cristiano del paese – è stato ferito dal terremoto a parte una ragazzina, perché quasi tutti erano presenti alla cerimonia della mia ordinazione» . E così, nonotante il paese sia stato devastato dalle scosse, 93 case siano crollate e almeno altre 359 siano semidi-strutte, la gente è sopravvissuta alla catastrofe. «Tanti pensano di essersi salvati a causa della mia ordinazione, che questa sia stata una vera e propria benedizione», continua Paudel. Anche il deputato della zona, Ram Hari Khathiwoda, ha ringraziato la comunità cristiana per aver tenuto l’ordinazione di padre Padel. A raccontarlo è stato, qualche giorno fa, Augustine Lepchan, coordinatore della parrocchia di Kathmandu St Vincent de Paul of the Assumption, che è stato nel villaggio per distribuire aiuti, Suor Angelica, della parrocchia di St Joseph of Cluncy si era recata nel paese assieme a un’altra dozzina di cattolici per partecipare all’ordinazione. La religiosa racconta che, quando cercava di togliere le decorazioni dal-l’altare, ha sentito la terra tremarle sotto i piedi. «Solo quando la gente ha cominciato a urlare e a correre ho capito che si trattava di un terremoto». Ma l’edificio improvvisato per la cerimonia che li accoglieva non si è spostato di un centimetro. «È incredibile che una stanza tenuta su da tubi di ferro – racconta la suora – non sia crollata sulle persone. E ora molti degli abitanti del paese credono che si sia trattato di un miracolo». Mentre la suora e gli altri 150 cattolici venuti da Kathmandu per la cerimonia cercavamo di raggiungere le loro vetture e tornare nella capitale, i sopravissuti del paese non hanno fatto altro che ringraziarle. Nono di dieci figli nati da una coppia indù, Indra Bahadur Paudel e Uttra Kumari, Padre Paudel è arrivato a Kathmandu nel 1988 per frequentare il collegio. «Ho letto la Bibbia per curiosità. Quest’esperienza, però, ha cambiato totalmente la mia vita», ha confessato il prete gesuita parlando con Avvenire della sua conversione al cristianesimo. Da Kathmandu, il sacerdote è tornato nel villaggio con un camion pieno di risorse umanitarie e da allora non si è più mosso da lì e dorme in una tenda. «Dopo aver scoperto la Bibbia durante le lezioni di inglese al collegio – continua il gesuita – ho voluto approfondire. E così ho cominciato a visitare molte chiese e alla fine mi hanno accettato alla scuola gesuita di St Xavier nel 1990». Dopo quattro anni di catechismo, era il 1994, Padre Paudel fu battezzato. Nonostante volesse diventare subito gesuita gli fu detto che doveva aspettare sei anni, il tempo di preparazione necessario per entrare a far parte della Compagnia. Nel frattempo Paudel si è iscritto alla facoltà di Legge e finalmente, nel 2002, è stato accettato dai gesuiti. «Sono estremamente felice di essere un prete ora», ha dichiarato Paudel nella parrocchia dell’Assunzione di Kathmandu, la chiesa cattolica più grande e elegante in tutto il Nepal. Nel Paese asiatico, su una popolazione di 28 milioni di persone, i cattolici sono meno di diecimila. «Desideravo tanto che la mia ordinazione avvenisse nel villaggio dove sono nato e dove si trovano i miei parenti. E sono felice che i miei superiori abbiano accettato la mia richiesta. Ora la mia ordinazione è diventata una benedizione per tutto il paese». Padre Paudel, che sta coordinando le operazioni di soccorso, sostiene che molti degli abitanti gli hanno fatto domande sulla Chiesa Cattolica. «Vogliono saperne di più – continua – e molti stanno progettando di visitare Kathmandu e le sue chiese». Nonostante la gioia, padre Paudel ammette di essere frustrato con diversi degli abitanti che si ostinano a vivere nelle case barcollanti invece di dormire nelle tende come fanno gli altri. «È puro suicidio», sostiene. E le sue preoccupazioni non sono infondate. Lo scorso 6 maggio, una donna di 50 anni del villaggio è rimasta soffocata sotto le macerie della casa crollata a causa di una delle molte repliche. (traduzione di Elisabetta Del Soldato)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: