mercoledì 6 luglio 2016
Iraq, quelle false prove che portarono alla guerra
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​Le "prove" che convinsero l'opinione pubblica della necessità di un intervento in Iraq, le stesse utilizzate da Blair per giustificare l'appoggio inglese all'operazione, furono presentate alla comunità internazionale dall'allora segretario di Stato americano Colin Powell nel febbraio del 2003, poco più di un mese prima dell'invasione.

Oggetto di critiche anche prima che la Commissione Chilcot le definisse del tutto insufficienti, furono invece offerte all'Onu e alla stampa come il prodotto del lavoro di "solide fonti", fornite da un'altrettanto "solida intelligence". Il dossier mostrava immagini satellitari da cui, secondo i sostenitori della cosiddetta guerra preventiva, era possibile identificare i luoghi in cui il dittatore custodiva le tanto temute armi di distruzione di massa, poi mai trovate. Si trattava di quei laboratori mobili che gli ispettori Onu non sono poi riusciti ad individuare e sui quali lo stesso Powell, a poche settimane dall'inizio dell'invasione quando, cioè, era ormai troppo tardi, fece marcia indietro.

Tra quegli indizi c'era anche la testimonianza del dissidente Curveball (Rafid Ahmed Alwan al-Janabi), cui si deve la patrenità del sospetto che l'Iraq stesse producendo anche armi biologiche. Fu sconfessato già nel 2004 dal rapporto del gruppo di sorveglianza inviato in Iraq dalla coalizione per verificare la veridicità delle accuse. Stessa sorte poi toccata al l'esule Ahmed Chalabi che sarebbe poi divenuto ministro del petrolio ad ineterim nel 2005. Anche lui contribuì pesantemente a indirizzare l'opinione pubblica verso l'intervento in particolare dalle pagine del New York Times. C'è infine il falso documento prodotto sul cosiddetto "Nigergate" secondo cui esisteva un traffico di uranio dal Paese africano all'Iraq. Un commercio del quale gli americani erano venuti a conoscenza grazie anche all'aiuto delle "barbe finte" italiane e inglesi. 

La guerra sarebbe poi ufficialmente terminata nel 2011, ma i 250 morti dell'attentato della settimana scorsa a Baghdad sono solo un 'altra testimonianza dell'instabilità che quell'intervento continua a generare nel Paese. 

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