mercoledì 4 gennaio 2012
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​«Quest’anno abbiamo curato più del doppio dei bambini rispetto al 2010. E la diagnosi è sempre la stessa: malnutrizione». Il dottor Sadou Moussa è il capo del servizio medico presso il Centro integrato di salute di Kollo, in Niger. Una struttura all’avanguardia, finanziata dall’Onu, nel bel mezzo della regione semi-arida del Sahel. Proprio qui, secondo i dati raccolti dall’organizzazione delle Nazioni Unite per la salvaguardia dell’infanzia, la grave crisi alimentare che si trascina da mesi colpirà con più forza, a partire dal prossimo mese di marzo.«Il Niger sarà il primo Paese ad essere colpito. Poi capitoleranno il Ciad, la Nigeria settentrionale, il nord del Camerun, il Burkina Faso, il Mali, la Mauritania e il Senegal del nord». È un triste domino della fame quello di cui parla David Gressly, direttore regionale dell’Unicef, nel descrivere la grave escalation che va delineandosi all’orizzonte.Le Nazioni Unite stimano che saranno soprattutto i bambini sotto i 5 anni a pagare il dazio maggiore. Quelli in pericolo di vita sarebbero circa un milione e 25mila, per via della malnutrizione a seguito della crisi alimentare che si trascina da mesi. «In Niger sono oltre 330 mila i bambini a rischio di malnutrizione grave e acuta – ancora Gressly –: il governo ha emanato un avviso dicendo che più della metà dei villaggi del Paese sono vulnerabili all’insicurezza alimentare. Ma purtroppo ci aspettiamo una richiesta di cure specialistiche per bambini malnutriti negli ambulatori di tutta la regione del Sahel». Una carestia che potrebbe bissare, nelle tragiche forme, quella di cui quest’anno è stato vittima il Corno d’Africa. Eppure non si tratta di un terremoto o di uno tsunami. L’emergenza che si sta verificando nel Sahel è documentata e prevedibile. Dura da almeno due anni, dovuta al lento ma progressivo diradarsi degli arbusti che contraddistinguono questa regione semi-arida. Cibo e ristoro per i nomadi e per il bestiame, sempre più minacciati dall’avanzare del deserto. Tra piogge insufficienti e scarsi raccolti, la stagione arida – quella cioè in cui il cibo dell’ultimo raccolto sarà esaurito - potrebbe cominciare in alcuni Paesi già dal mese di marzo, invece che dal mese di giugno, come consuetudine. «Dobbiamo agire presto – afferma Gressly – questa crisi sarà estremamente impegnativa. E noi non siamo soliti lanciare tali allarmi alla leggera. Serve una risposta adeguata che deve giungere adesso, prima che sia troppo tardi». Del resto un appello ufficiale era stato lanciato poco prima di Natale da Anthony Lake, il direttore generale dell’Unicef. «La più grande sfida che dobbiamo affrontare ora è quella di garantire ai bambini una quantità sufficiente di alimenti fondamentali, che possa aumentare nei prossimi mesi».Uno sforzo senza precedenti che l’organismo Onu quantifica in circa 66 milioni di euro, per mettere in campo i primi interventi sul versante nutrizionale, per intensificare l’attività sanitaria sul campo e per allestire le prime strutture. Ma questo importo dovrà essere aumentato in modo sostanziale già nel corso dell’anno, per organizzare un vasto programma di prevenzione delle malattie più frequentemente legate alla malnutrizione, come la malaria, le infezioni respiratorie e la diarrea. L’Unicef si sta già muovendo. A Kollo, ad esempio, un nuovo edificio è stato costruito per ospitare il Centro di Riabilitazione Nutrizionale Intensiva (Creni), che sta permettendo al dottor Moussa e ai suoi colleghi di giovarsi di strumentazioni all’avanguardia e di una formazione specifica. «È essenziale - spiega Moussa - che gli operatori sanitari possano comprendere la grande gamma di problemi di salute che possono influenzare i bambini malnutriti, in modo da poter fornire un’assistenza di qualità. Nel nostro centro a Kollo riusciamo a curare meglio molti più bambini rispetto al passato. E le famiglie iniziano a fidarsi delle strutture sanitarie. Abbiamo bisogno di aiuto, per proseguire su questa via».
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