mercoledì 18 marzo 2015
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Il leader premiato dal voto avrà decisamente poco tempo per festeggiare la vittoria. Questione di una notte di baldoria e di un pallottoliere sul quale esercitarsi a creare una maggioranza che duri più dello spazio di un mattino. I problemi veri cominceranno subito e l’agenda del vincitore ne è colma. Eccoli. 1 - LA QUESTIONE PALESTINESE. Tenuto sotto traccia per tutta la campagna elettorale, lo stato delle relazioni fra Gerusalemme e l’Autorità nazionale palestinese è destinato a riesplodere ad aprile, quando l’Anp solleverà alla Corte penale internazionale dell’Aja la questione di crimini di guerra che imputa ad Israele. Non solo Netanyahu, ma lo stesso Herzog e Livni lanciano l’allarme: «Dovremo subito impegnarci per impedire che i nostri militari siano trascinati di fronte a una corte di giustizia». Il leader laburista in proposito è stato vago: «Dobbiamo essere creativi e assumere iniziative per sbloccare il negoziato con i palestinesi ». Un proclama di intenti più che la rinascita della Road map. Anche perché sullo sfondo ci sono due nodi completamente irrisolti: gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e il diritto al ritorno dei profughi palestinesi del 1948. 2 - IL NODO DELLA SICUREZZA. Cavallo di battaglia di Netanyahu, rischia di essere compromesso dall’annuncio dell’Olp di cessare ogni collaborazione con il governo israeliano. Non solo: il congelamento di fondi predisposto da Netanyahu nei confronti della Cisgiordania rischia di destabilizzare a tal punto i Territori da innescare una nuova Intifada: non propriamente un esordio promettente per il nuovo governo. Ma soprattutto è il terrorismo ai confini la vera emergenza: gruppi armati islamici, in parte legati all’Iran e in parte ai Fratelli Musulmani, potrebbero approfittare di avvicendamenti di potere nello Stato ebraico per lanciare attacchi, nel Sinai come a Gaza, nel sud Libano come sul Golan. 3 - IL DOSSIER IRANIANO. Sia Netanyahu sia Herzog concordano sul fatto che quella iraniana sia una «minaccia esistenziale». All’inizio del mese Netanyahu è andato al Congresso di Washington nella convinzione che il blocco repubblicano rappresenti ormai l’ultimo baluardo per impedire un accordo fra le potenze del 5+1 e Teheran sul nucleare iraniano. La differenza fra i due leader è la fiducia nell’amministrazione Obama: Netanyahu non ne ha nessuna, Herzog un po’ di più, ma non è un mistero che punti a strappare alla Casa Bianca l’assenso preventivo a un blitz di Israele nel caso l’Iran disattendesse agli impegni e si avvicinasse troppo all’allestimento di un vero arsenale nucleare. 4 - GLI STRAPPI CON USA E UE. Non solo occorrerà ricucire lo strappo con gli Stati Uniti, ma anche il gelo con l’Unione Europea e la diffidenza pressoché planetaria della comunità internazionale. L’ipotesi di sanzioni economiche nei confronti di Israele a causa della politica adottata nei Territori e il continuo espandersi degli insediamenti è tutt’altro che remota. 5 - LA QUESTIONE SOCIALE. Il carovita, la sanità, la disoccupazione e l’edilizia popolare hanno dominato la campagna elettorale, ma ora è tempo di mettere in cantiere profonde riforme nella spesa pubblica: si parla di un piano di lotta alle diseguaglianze che impegnerebbe il 40 per cento del Pil distogliendo gran parte dei fondi pubblici dalle colonie. 
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