sabato 16 marzo 2013
​In Arizona Debra Milke non ha avuto un «giusto processo». Nell’Oregon Gary Haugen ha rifiutato la clemenza offertagli dal governatore, che nel 2011 ha imposto una moratoria sulle esecuzioni
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​Debra Jean Milke ha trascorso 22 anni nel braccio della morte in Arizona, ma presto potrebbe essere scarcerata.Il giudice della Corte d’appello, Alex Kozinski, ha infatti decretato che la 49enne – accusata di complicità nell’uccisione del figlio di soli quattro anni, nel 1989 – non avrebbe avuto un «giusto processo» e ha quindi annullato la sentenza capitale nei suoi confronti. Il caso contro la donna era infatti stato deciso, in ultima analisi, sulle dichiarazioni di un testimone chiave: il detective della polizia di Phoenix, Armando Saldate, che – all’insaputa della Corte – aveva un ricco trascorso di episodi viziati da falsi giuramenti. Il piccolo Christopher Milke fu ucciso da un amico della madre, James Styers, che invece di accompagnarlo a vedere Babbo Natale lo portò nel deserto e gli sparò alla testa, ma secondo il poliziotto in questione, il killer coinvolse la donna nel piano criminale sostenendo che volesse uccidere il figlio per intascare il premio assicurativo sulla sua vita. Saldate avrebbe quindi interrogato la madre e ottenuto la sua confessione. Durante il processo, però, nessuna prova di tale colpevolezza era stata prodotta – l’interrogatorio era infatti stato condotto dal detective senza testimoni e i documenti scritti erano stati gettati per errore – e la condanna di Milke venne basata solo sul giuramento dell’agente. La donna ha sempre sostenuto la propria innocenza, ma solo dopo innumerevoli ricorsi e oltre un ventennio nel braccio della morte è stato rivelato che almeno quattro confessioni del detective sono state annullate in altrettanti processi a causa di falso giuramento. Ora, i legali della condannata potranno esaminare tutta la documentazione relativa all’agente e, a meno che la pubblica accusa intenda sottoporla a un nuovo processo, Milke tornerà a piede libero, salvandosi così dal boia.Un esonero che il condannato a morte dell’Oregon, Gary Haugen, non vuole invece ricevere. L’individuo colpevole di due omicidi si è infatti rivolto in questi giorni alla Corte suprema dello Stato per mantenere il proprio «diritto» alla pena capitale e ricevere l’iniezione letale nonostante la clemenza offertagli dal governatore dell’Oregon, John Kitzhaber, che dal 2011 ha imposto una moratoria sulle esecuzioni. Indipendentemente dalla sentenza prevista nei prossimi mesi, l’opposizione agli “omicidi legali” sta infatti crescendo negli Stati Uniti d’America – dove ben 17 Stati hanno già deciso di licenziare il boia – e proprio ieri sera anche la Camera del Maryland ha approvato una misura che porta all’abolizione della pena capitale in tutto il territorio dello Stato.
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