A Gaza la realtà della pioggia e l’apparenza delle parole
La possibilità della pace che abbiamo sperato più di un mese fa ha abbassato notevolmente il bilancio dei morti e dei feriti ma si muore e si soffre ancora. Ora servono azioni vere

È tornato l’inverno e con l’inverno la pioggia e il freddo: parole scontate rispetto a situazioni prevedibili. Quando già si sta soffrendo per la mancanza di ogni bene di prima necessità si aggiungono le caratteristiche delle stagioni che accadono naturalmente e puntualmente. Anche questo era ed è scontato. E a Gaza è iniziato il terzo inverno con maggiori sofferenze per la popolazione sempre più stremata dal lungo tempo della violenza e dai tempi naturali del freddo e del caldo, della pioggia e del sole. Tempi di vita quando si vive la normalità ma che diventano tempi che oltraggiano la vita quando si vive il male della violenza. Molte tende sono andate distrutte e non sono arrivate altre in numero sufficiente a riparare dalla pioggia e dal freddo.
Molte persone si rifugiano fra le macerie, sotto muri pericolanti da cui si allontanano solo per cercare cibo e situazioni migliori di sopravvivenza. Abbiamo esultato per l’inizio di una possibile pace a Gaza, abbiamo sperato nelle parole di chi si era impegnato a fermare le armi e a dare sostegno alle vite di chi era sopravvissuto a Gaza. Alla realtà delle stagioni si contrappongono le parole che aiutavano a sperare ma che non sono state tradotte in aiuti concreti agli innocenti e agli indifesi. La possibilità della pace che abbiamo sperato più di un mese fa, ha abbassato notevolmente il bilancio dei morti e dei feriti ma a Gaza si muore e si soffre ancora. Fame e mancanza di aiuti sanitari sono presenti a Gaza, si aggiungono il freddo e l’insufficienza degli aiuti: purtroppo è questa la realtà delle notizie e dei bisogni che mi arrivano da quella terra distrutta e sofferente.
Sono sempre piacevolmente stupito della grande solidarietà che sento nei confronti della martoriata Terra Santa: ho incontrato persone che anche solo con uno sguardo mi hanno trasmesso il disagio di sentirsi impotenti nei confronti di un prossimo lontano fisicamente ma vicino alla loro sensibilità e alle loro coscienze. Le parole, tante e belle, non hanno ancora aperto la strada alla carità vera che per essere tale deve dare aiuto e sostegno a tutti e ovunque, senza alcuna distinzione e senza ostentazione. Ai nostri giorni, dovrebbe essere più facile organizzare aiuti umanitari immediati che possano dare sollievo e cura in tempi brevi a chi sta soffrendo da troppo tempo. La carità, insieme alla fede e alla speranza, sono i cardini del Cristianesimo. La solidarietà e l’indignazione indicano il notevole coinvolgimento di molta parte dell’umanità: virtù e valori che potrebbero essere la vera ripartenza della possibilità della pace. Alle tante e belle parole sarebbe giusto e umano poter unire immagini di bambini che giocano sorridenti in ambienti dignitosi, ammalati, disabili, anziani curati e assistiti con amore, donne e uomini meno preoccupati per il futuro che ancora appare freddo e scuro. Cristo ci vuole veri, sinceri, attivi nel bene: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Alle belle parole devono seguire azioni vere. È questo il tempo!
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