mercoledì 20 luglio 2016
Viaggio nei luoghi della Gmg: ​Nowa Huta
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​Nowa Huta, a nove chilometri dal centro di Cracovia. Il quartiere città (100mila abitanti) delle gigantesche acciaierie, il monumento all’uomo nuovo socialista nei desideri di chi la realizzò nei primi anni 50 del secolo scorso. Che cosa ne rimane? Rimane il tram numero 22, che lungo Aleja Jana Pawla II corre verso la città. Piazza Josip Stalin non c’è più: oggi si chiama piazza Ronald Reagan, un omaggio a chi viene considerato un liberatore. E c’è il monumento che ricorda Solidarnosc con la ”V” di vittoria.
L’ambizione progetto socialista fallisce per colpa di una chiesa, non prevista nella città del socialismo. La gente la vuole, il governo dà il permesso e poi lo toglie.

Attorno alla croce eretta nel 1956 (senza permesso) dove sarebbe dovuta sorgere la chiesa, il 27 aprile 1960 scoppiano piccoli disordini che a sera sfociano nella rivolta: barricate e intervento delle unità anti-sommossa e dell’esercito. La croce c’è ancora, accanto a una chiesina eretta in seguito.

E la chiesa? Ultimata nel 1977, Arka Pana (la Chiesa della pace) è intitolata a Santa Madre Regina di Polonia. A due livelli, in quello superiore, Cristo sembra voler risorgere con tre giorni di anticipo, quasi “strappandosi” dalla croce in una sorta di ansia di redenzione. Nei prossimi giorni ospiterà i giovani ucraini.

Storia di utopie umane naufragate, storia di croci che resistono. In occasione del suo viaggio in Polonia nel 1979, Giovanni Paolo II dice: “Non si può separare la croce dal lavoro umano. E non si può separare Cristo dal lavoro umano. E questo è stato confermato qui a Nowa Huta”.

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