mercoledì 27 luglio 2016
​«Il mondo è in guerra». A pezzi. Ma non è una guerra di religione. Il Papa ne è convinto e lo ribadisce, nel saluto ai giornalisti subito dopo il decollo dell'aereo che lo porterà a Cracovia.
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«Il mondo è in guerra». A pezzi. Ma non è una guerra di religione. Il Papa ne è convinto e lo ribadisce, nel saluto ai giornalisti subito dopo il decollo dell'aereo che lo porterà a Cracovia. «Quando dico guerra - precisa, anche in riferimento agli ultimi attentati, soprattutto quello di Rouen - non intendo dire che è una guerra di religione. Si fa la la guerra per gli interessi, per i soldi, per le risorse della natura, per il dominio dei popoli. Questa è la guerra. Qualcuno pensa che il Papa sta parlando di guerra di religione. Ma tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra la vogliono gli altri. Capito?», sottolinea con forza. Le parole del Pontefice arrivano in due tempi. Una prima parte in cui Francesco ripete il ben noto concetto di terza guerra mondiale a pezzi. E poi la precisazione («non è una guerra di religione»), quando già sta per tornare nella parte della cabina a lui riservata, dopo aver salutato i giornalisti a uno uno, sempre sorridente e disponibile. «Oggi - afferma subito - si parla tanto di insicurezza. Ma la vera parola è guerra. Da tempo diciamo che il mondo è in guerra a pezzi. Questo è guerra. Ci sono state le due guerre mondiali del '14-'18 e del '39-'45, e adesso c'è questa. Non è tanto organica, forse, organizzata sì, ma organica, dico, ma è guerra». Quindi il riferimento al folle gesto di Rouen. «Questo santo sacerdote, morto proprio nel momento in cui offriva le preghiere per la Chiesa è uno, ma tanti cristiani, tanti innocenti, tanti bambini. Pensiamo alla Nigeria per esempio. Dicono: "Ma quella è l'Africa...". Ma è guerra. Non abbiamo paura di dire questa verità. Il mondo è in guerra perché ha perso la pace». Il Papa ringrazia anche tutti coloro che gli hanno fatto le condoglianze per la morte del sacerdote, «in modo speciale il presidente della Francia che - ricorda - ha voluto collegarsi con me telefonicamente come un fratello. Lo ringrazio». E infine fa riferimento alla Gmg. «La gioventù sempre ci dice speranza. Speriamo che i giovani ci dicano qualcosa. Che ci diano un po' più di speranza».
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