lunedì 29 marzo 2021
Parla Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minori di Milano: genitori ignari del pericolo della rete. I nostri figli sono sempre più a rischio. Raddoppiati i tentativi di suicidio
Maria Carla Gatto

Maria Carla Gatto - .

COMMENTA E CONDIVIDI

Morire di Internet. Perché non lo si capisce, perché ci si trova buttati dentro, attraverso uno smartphone, a 10 anni. Perché nessuno, là fuori, guarda o ascolta. Di Tik Tok si è parlato tanto nelle ultime settimane, dopo i casi sospetti legati alle challenge online (così si chiamano le sfide che qualcuno posta attraverso un video con l’obiettivo d’essere emulato) che avrebbero portato al suicidio di almeno due ragazzine a Palermo e Torino. Si punta il dito sul colosso informatico cinese titolare della app, si rimette a tema la mai risolta questione dei limiti d’età nella fruizione di questi servizi, il Garante della Privacy italiano per la prima volta – con coraggio – ha persino ordinato lo stop e la verifica degli utenti da parte della società. Ma si manca l’obiettivo, «che è la corresponsabilità del mondo adulto». A guardarla dal Tribunale dei minori di Milano, la situazione dei figli d’Italia è più che mai drammatica. «E serve prenderne atto adesso – è l’appello della presidente Maria Carla Gatto –, o rischiamo che un’intera generazione sia compromessa».


Che idea si è fatta del fenomeno Tik Tok?
Ci sono due riflessioni da fare su questo punto. La prima, che riguarda nello specifico questa e altre applicazioni analoghe a cui i minori hanno accesso senza alcun controllo o limite, è che manca l’educazione all’utilizzo di questi strumenti. Ci sono rischi in rete, ci sono addirittura profili penali in ciò che vi avviene, e i bambini e gli adolescenti per lo più li ignorano. Questo accade anche per la scarsa educazione digitale dei genitori, che dovrebbero essere formati. L’altra riflessione è più generale, e riguarda la situazione in cui si trovano i minori in Italia.
A cosa si riferisce?
La maggior parte dei ragazzi durante questo difficile periodo di restrizioni dovute all’emergenza sanitaria si è incupita e chiusa in se stessa. I giovani trascorrono il loro tempo dietro allo schermo di un cellulare o di un computer, che costituisce l’aggancio con il mondo esterno, in una fase della vita che dovrebbe essere invece caratterizzata dalle relazioni sociali e dall’esperienza del confronto quotidiano con il mondo reale, con le sue emozioni e le sue insidie. Il non aver dato prioritaria attenzione alle loro esigenze, chiudendo scuole, palestre e parchi, ha messo a serio rischio il loro equilibrio relazionale, lasciando un’intera generazione in balia del vuoto e dell’angoscia sul futuro, con il rischio della depressione e dell’abbandono scolastico.
Lo vediamo nei sempre più sconvolgenti fatti di cronaca che riguardano i minori...
Assistiamo all’esplosione di un fenomeno che, al di là della situazione contingente, trova le sue radici nella mancanza di un piano educativo e sanitario sulla salute mentale, rivolto ad individuare precocemente i segni di disturbi psichici e comportamentali dei giovani e dei ragazzi. Non solo sono aumentati i gesti di autolesionismo, accentuati dalle sfide online come quelle di Tik Tok, ma sono raddoppiati i tentativi di suicidio e anche i suicidi portati a termine. I reparti di neuropsichiatria infantile della Lombardia non sono in grado di accogliere neppure i casi più urgenti. Non si riesce neanche a dare risposta alle esigenze di ragazzi o ragazze che avrebbero necessità di essere accolti in comunità terapeutiche. Il numero insufficiente di queste strutture è diventato un’altra emergenza drammatica: basti pensare che non è stata reperita neppure una struttura terapeutica in grado di accogliere il ragazzo accusato di aver indotto la fidanzata a tagliarsi le guance, in una pericolosa dinamica emulativa alla “Jeff The Killer”.
Come parliamo ai minori, come parliamo dei minori?
Prima ancora di parlare occorre ascoltare cosa pensano, quali sono le loro sofferenze e i loro bisogni. Certamente l’ascolto non può essere fatto da un giornalista che, in violazione delle regole della Carta di Treviso, ha intervistato una ragazzina di 12 anni la cui amica si è suicidata dando attuazione al comune progetto di togliersi la vita insieme, come mi è capitato di leggere di recente su un quotidiano. Il fatto doloroso e drammatico, narrato come notizia di cronaca, ha mancato l’obiettivo di responsabilizzare il mondo adulto sui pericoli connessi al disagio vissuto dai ragazzi e, al contrario, ha determinato il rischio di emulazione della protagonista, peraltro facilmente individuabile, da parte delle sue coetanee.
E la Giustizia minorile?
È anch’essa dimenticata: senza mezzi e risorse. Così come non vi è attenzione per bambini e adolescenti, non vi è attenzione per la giustizia minorile. È l’unico settore in cui non è stato portato avanti alcun progetto di digitalizzazione e con questa enorme lacuna ha dovuto assicurare tutela a tutti i numerosi bambini e ragazzi che in questo ultimo difficile anno si sono trovati in grave pregiudizio. Gli interventi urgenti, in misura doppia rispetto al passato, sono stati garantiti lavorando in presenza, con la collaborazione degli avvocati, in una grave situazione di scopertura di organico sia dei magistrati che del personale amministrativo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: