venerdì 1 febbraio 2019
Il presidente del Parlamento europeo annuncia la sua ricandidatura alla massima carica di Strasburgo. E invita la Ue a dotarsi di una difesa comune e a un grande piano per la ripresa economica
Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani

Il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani

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C’è chi immagina scenari apocalittici. Chi guarda al voto di maggio e immagina la caduta del fortino europeista sotto i colpi del fronte populista. Antonio Tajani, presidente del Parlamento Ue e vicepresidente di Fi, però non la pensa così. «Vedo solo tanta propaganda. A maggio le forze anti Ue non sfonderanno. E l’Europa non morirà»

Che succederà allora?

L’Europa riceverà un segnale di cambiamento. E dovrà tenerne conto.

Però l’internazionale populista avanza

Non esiste l’internazionale populista. Esiste un fronte diviso. Fiaccato da gelosie e colpi bassi.

Un esempio?

Pensi a come austriaci e ungheresi hanno sbarrato la strada al governo M5S-Lega che chiedeva margini sulla manovra. I più duri sono stati Kurz e Orban. Sono stati loro a imporre lo stop all’Italia con tre sole parole: le regole si rispettano

Qual è l’arma su cui punterà il fronte populista?

Una sola: il malcontento. L’Europa non funziona. Mostra egoismo e miopia sull’immigrazione. Non è stata capace di immaginare un grande piano di investimenti per provare a dare fiato all’occupazione. Soprattutto a quella giovanile. Crescono le insicurezze. Una miscela che è benzina nei motori degli anti Europa.

Lei però esclude lo sfondamento?

Pescare nel malcontento non basta. I cittadini vogliono soluzioni ai problemi.

Lei che strada indicherebbe a un’Europa che vuole rinnovarsi?

Direi che deve tornare la politica. Direi che vorrei un’Europa più forte e anche più democratica. E poi un Parlamento che abbia più potere. Insomma vorrei una Ue capace di riappropriarsi del suo ruolo.

Provi a essere ancora più chiaro.

Vuole i titoli? È ora del grande progetto mai realizzato di una Difesa comune. E di un grande piano per la crescita. Bisogna immaginare come difendersi dall’aggressione cinese.

La Cina le fa paura?

Mi fa paura la sua spregiudicatezza economica. E mi fa paura questa Europa senza prospettive. Così, divisa e senza un grande progetto e una grande visione, non riuscirà a essere un interlocutore forte tra i due giganti: Usa e Russia.

E allora quale l’Europa deve venir fuori?

Un altro gigante capace di fare quello che è nell’interesse dei cittadini europei e che i singoli stati non hanno la forza di fare

Torniamo al voto di maggio. I sondaggi più riservati dicono che il suo Ppe perderà almeno 40 seggi rispetto ai 221 seggi conquistati nel 2014?

Il Ppe sarà ancora la prima forza politica. E sarà del Ppe il prossimo presidente della Commissione europea.

Una conferma del Ppe potrebbe voler dire una ricandidatura di Tajani?

La guida dell’Europarlamento è un compito delicato e affascinante. E poi l’Italia perderà sia il vertice della Banca centrale
europea oggi (Mario Draghi) sia il ministro degli Esteri europeo (Feredica Mogherini)

Insomma, si ricandida?

Sì, mi candido alle elezioni europee e mi ricandido alla presidenza del Parlamento Ue

Parlava dell’addio di Draghi. L’Italia proverà a giocare un ruolo per la successione?

L’Italia deve contare di più. E per farlo deve lavorare. Conoscere. Incidere. Lo dico con un’altra parola: deve starci. Standoci si
poteva ottenere di più sulla manovra. Il dopo Draghi? Serve una Ue più equilibrata e serve un patto per bilanciare il fronte Parigi-Berlino.

Immagino che lei abbia una idea

Possiamo aggregare tutti i Paesi del Sud che hanno un problema enorme con l’immigrazione e con la disoccupazione. E, parallelamente, aprire ai Paesi dell’Est che non possono essere isolati dall’Europa che conta. L’Italia dovrebbe quindi farsi portavoce di un’alleanza tra Stati membri.

La lunga stagione di Angela Merkel sta per chiudersi?

La Cancelliera Merkel è ancora un personaggio decisivo in Germania e ascoltato e influente in Europa. Io spero che resti una figura
centrale perché se dovesse abbandonare il campo c’è un rischio che pochi hanno valutato bene.

Quale rischio?

La linea della Germania diventerà nettamente più dura. In un eventuale dopo Merkel parole come austerità e rigore economico faranno più paura che in passato.

Con Parigi l’Italia fatica a trovare la giusta sintonia.

Non servono soltanto atti di buona volontà da parte di Roma, serve anche che la Francia tenti di avere un atteggiamento diverso nei confronti dell’Italia. E poi è arrivato il momento di mettere da parte atteggiamenti egemonici verso l’Africa. E di evitare di contrastare gli interessi italiani sulla Libia.

C’è chi scommette che presto Salvini busserà alle porte del Ppe. Si apriranno?

Un ingresso della Lega del Ppe non è in agenda. E poi siamo diversi. Abbiamo agende diverse. Sarò ancora più netto. Oggi siamo alternativi e noi siamo convinti di restare dove siamo. Insomma oggi non ci sono le condizioni, ma la politica ci ha abituato a rapidi cambiamenti e se Salvini dovesse modificare agenda e linea politica quello che oggi non è possibile potrebbe diventarlo.

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