martedì 18 maggio 2021
L’obiettivo al 2023 è creare un quadro armonizzato della tassazione delle imprese, tenendo conto delle novità del XXI secolo: le società possono oggi fare affari in un Paese senza una presenza fisica
L’Europa lancia il Fisco post-Covid. Tassa comune sulle multinazionali

Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

L’obiettivo è chiaro: creare un quadro armonizzato a livello Ue della tassazione delle imprese, tenendo conto delle novità del Ventunesimo secolo, con società che possono fare affari in un Paese senza una vera presenza fisica. E combattendo da un lato le troppe scappatoie che consentono una gigantesca elusione fiscale giocando tra le vari giurisdizioni europee, ma anche riducendo i costi burocratici sostenuti dalle società per affrontare 27 diversi sistemi fiscali. Se la direzione è chiara, per ora è soprattutto un grande cronoprogramma la comunicazione che ieri hanno presentato ieri il commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Sullo sfondo, le nuove prospettiva di un’intesa globale in sede Ocse, facilitata anzitutto dall’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, con la spinta del G20. «L’Ue – ha detto Gentiloni – è stata costantemente e fermamente a favore di un accordo globale sulla riforma della tassazione internazionale. Ecco perché accogliamo con grande favore l’impegno costruttivo dell’amministrazione Biden». Negoziati incentrati su due pilastri, come ha ricordato il commissario: «una parziale ridistribuzione dei diritti di tassazione per riflettere la globalizzazione e la digitalizzazione dell’economia; e una tassazione minima effettiva dei profitti delle multinazionali». I ministri delle Finanze del G20 si sono impegnati a trovare un’intesa politica per metà 2021. Sulla quella base si muoverà l’Ue. Capitolo a parte, non toccato ieri, è la Web Tax, oggetto di un negoziato separato.

La sola elusione, ha spiegato Gentiloni, vale «tra i 35 e i 70 miliardi di euro l’anno» (a cui si sommano 50 miliardi di euro l’anno per frodi transfrontaliere Iva e 46 miliardi per l’evasione fiscale). La comunicazione, ha spiegato Dombrovskis, «getta le basi per un sistema fiscale per le aziende in Europa che si adatta al Ventunesimo secolo, aiutandoci a costruire un sistema più equo e più sostenibile per le società». La grande svolta dovrebbe in realtà arrivare solo nel 2023: per quella data la Commissione presenterà una proposta denominata «Befit» (acronimo inglese per: Imprese in Europa - quadro per la tassazione del reddito). Sarà, spiega la Commissione, «un unico regolamento sull’imposta sulle società per l’Ue, prevedendo una più equa ripartizione dei diritti di tassazione tra gli Stati membri». Il Befit servirà a «ridurre i costi della burocrazia e di conformità, le opportunità di elusione fiscale e sosterrà l’occupazione, la crescita e gli investimenti nel mercato unico». Questa normativa sostituirà la vecchia proposta, su cui peraltro gli Stati membri non hanno mai potuto trovare un’intesa, su una base imponibile comune consolidata per le imprese (Ccctb).

Altri testi arriveranno prima. Già entro la fine di quest’anno, la Commissione punta a presentare una proposta per affrontare l’abuso delle società di comodo (le «scatole vuote») per eludere il fisco, con un obbligo di monitoraggio e di comunicazione, in modo che il fisco dei vari Stati membri abbia un quadro più chiaro. A inizio 2022 è prevista una proposta per ribilanciare il rapporto tra debiti e titoli: al momento i regimi fiscali consentono maggiori possibilità di sgravi per i primi rispetto ai secondi, spingendo così le imprese a indebitarsi troppo. Entro il 2022 arriverà poi una proposta per obbligare le società a pubblicare le aliquote fiscali effettivamente pagate. Infine di ieri stesso è una proposta in chiave di crisi pandemica, e cioè di consentire alle società di far valere le perdite subite nel 2020 e 2021 sulle imposte da versare sui profitti degli anni precedenti fino a 3 milioni di euro di perdite l’anno.

Rimangono naturalmente varie incognite. La prima è se davvero vi sarà un’intesa nel quadro dell’Ocse sui due pilastri. E l’altro è un problema noto: in materia fiscale, rimane l’obbligo di unanimità tra gli Stati membri, tutti hanno dunque diritto di veto. Anche Stati come Irlanda, Olanda, Lussemburgo o Cipro, che solitamente attirano multinazionali con zuccherini fiscali.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: