mercoledì 29 giugno 2022
Fabio Paglieri in "Concentrarsi. Prestare attenzione in un mondo rumoroso" (Il Mulino) piega quale strategia adottare per non perdere il nostro tempo su social e rete
Quella girandola di distrazioni digitali che mina la nostra concentrazione
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In fondo ci aveva già pensato Ulisse. L’eroe degli stratagemmi sottili e delle invenzioni audaci si fece legare a un palo pur di non perdere l’occasione di ascoltare il canto ammaliante delle sirene. Ma, al tempo stesso, e grazie appunto a uno degli espedienti concepiti dalla sua mente 'screziata', Ulisse seppe sottrarsi al potere incantatorio (e mortale) della seduzione. Quella attuata dall’eroe omerico – come suggerisce Fabio Paglieri in 'Concentrarsi'. Prestare attenzione in un mondo rumoroso (Il Mulino, pag. 176, euro 12) – è un esempio di quella strategia di controllo sugli eventi chiamata 'impegno preventivo'. La saggezza può declinarsi nel dosare, nel circoscrivere, nel limitare. L’astuzia può consistere nel giocare d’anticipo nei confronti delle tentazioni che ci assediano. La stessa strategia attuata da Ulisse nell’episodio delle sirene la ritroviamo, sorprendentemente, in un programma significativamente chiamato 'freedom' messo a punto per aiutarci a sconfiggere – scrive Paglieri – «la costante girandola di distrazioni offerte dalle tecnologie digitali». Qual è il segreto di questo programma? Quale la sua filosofia? In pratica 'freedom' funziona come una sentinella, vigilando sulla nostra capacità di concentrazione, spegnendo le infinite tentazioni della Rete, dai social alla posta elettronica ai siti di e-commerce. Insomma il successo di questa tipologia di programma dipende – spiega l’autore – «non da un’espansione delle nostre possibilità di azione, bensì da una loro riduzione strategica». Come? Molto semplicemente «impedendoci di perdere tempo».

Nel campo cognitivo si è registrata una vera rivoluzione. Si è passati, a una velocità vertiginosa, da una situazione di penuria ad una di sovrabbon- danza, di profusione di stimoli. Immagini, filmati, relazioni, tutto (vorticosamente) a portata di clic. Una vera e propria esplosione che urta contro un elemento che invece resta incollato a una sorta di fissità: il tempo, il nostro tempo, il tempo che abbiamo a disposizione. Le possibilità possono espandersi all’infinito, il tempo no. È in questa sorta di imbuto che si gioca la 'guerra' economica scatenata dai colossi della New Economy. 'Guerra' di conquista che ha un unico obiettivo: annettersi il nostro tempo. Conquistarlo. Trattenerci in quella sorta di vetrina infinita che è il Web. Come spiega Paglieri, a fare gola è il nostro tempo, «la massimizzazione della presenza online»: «è il volume di utenti connessi e il loro tempo medio di connessione – spiega – a essere commercializzato, ad esempio determinando il prezzo degli spazi pubblicitari venduti alle aziende private». «Non potendo puntare sulla concentrazione rivolta a un singolo compito, alle tecnologie digitali non resta che scommettere sulla strategia opposta: inondarci di stimoli accattivanti e poco impegnativi, con l’obiettivo di garantire una connessione prolungata attraverso la moltiplicazione e frammentazione delle attività che possiamo svolgere in rete». È possibile svelare i meccanismi della macchina comunicativa che lavora per agganciare la nostra attenzione e, attraverso di essa, il nostro tempo? Facciamo un (lungo) passo indietro. Nel 1902 il francese Foucault scopre un metodo per costruire lastre di vetro di grandi dimensioni.

«Nascono così – ha scritto Remo Bodei – le ampie vetrine, gli espositori di merci separate dai loro virtuali acquirenti soltanto da una barriera invisibile, per quanto realissima. L’oscuro oggetto del desiderio diventa, alla lettera, trasparente. È l’inizio di un processo inarrestabile che tracimerà dai luoghi fisici per colonizzare ed estendersi anche a quelli comunicativi e virtuali. È quella che il sociologo Vanni Codeluppi ha chiamato la 'vetrinizzazione sociale': «Vetrinizzarsi non è un semplice mostrarsi, che comporta la possibilità di trattenere qualcosa per sé. È un atto che implica un’ideologia della trasparenza assoluta, implica cioè l’obbligo di essere disponibili a esporre tutto in vetrina. Non è possibile lasciare sentimenti, emozioni o desideri nascosti nell’ombra». La stessa logica si è imposta nel Web. La parola chiave è emozione. L’emozione è quel movimento attraverso il quale veniamo stimolati, catturati, saldati, immersi nel flusso comunicativo continuo. La merce si estetizza, si 'emozionalizza': come scrive il filosofo Byung-Chul Han, «oggi, in fondo, non consumiamo più cose, ma emozioni: le cose non possono essere consumate all’infinito, le emozioni sì». Quello che è accaduto, ha scritto Anne-Cécile Robert, è che «la relazione col mondo si sottomette al predominio dell’emozione». Ma l’emozione è fugace, scompare con la stessa velocità con cui si materializza, una volta spenta deve essere sostituita da una nuova emozione altrettanto trascinante, in una sorta di gioco al rialzo infinito. Non solo: la comunicazione nella quale siamo immersi perennemente ci regala una sorta di ubiquità (schizofrenica?): siamo qui ma anche altrove, continuamente sbalzati, decentrati rispetto al tempo e allo spazio che abitiamo in una sorta di presenza-assenza continua. In questa sollecitazione perenne, rischiamo però di perdere qualcosa di prezioso. Quella che Malebranche chiamava la 'preghiera naturale dell’anima': l’attenzione.

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