martedì 26 settembre 2017
Al vertice sul digitale di Tallin il nostro paese con Francia Germania e Spagna rilancia la sfida per tassare in modo "comune" i giganti del web. Nel mirino anche l'Iva
Web tax, l'Italia in prima fila. Ecco le ipotesi sul tavolo
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L'economia digitale ha cambiato radicalmente il modo di fare business ma il sistema fiscale non ha saputo governare questa rivoluzione. Per questo serve "una profonda revisione dell'attuale sistema di tassazione, per assicurare un fisco efficiente, equo e trasparente". Italia, Francia, Germania e Spagna rilanciano la loro battaglia sulla web tax, in un documento congiunto preparato per il vertice Tallin che si apre oggi, dove i capi di Stato e di Governo Ue si ritroveranno per parlare delle sfide e delle opportunità del digitale. I quattro Paesi, già autori dell'iniziativa presentata la scorsa settimana all'Ecofin che proponeva di tassare il fatturato delle imprese digitali (e non i ricavi), chiedono ora anche una riflessione sull'Iva. Bisogna assicurare che "lo stesso contenuto, bene o servizio sia soggetto a Iva nello Stato di consumo, senza pensare alla sua natura fisica o digitale", scrivono i quattro governi.

Sulla web tax, il documento ribadisce la necessità di "cambiamenti" alla legislazione "per assicurare che i profitti tassabili siano attribuiti dove viene generato il valore, per evitare l'erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti". Bisogna però cambiare l'attuale sistema, "basato sullo stabilimento permanente" delle imprese (con il principio della residenza fiscale), perché è un approccio "non adatto al business digitale", che ha una ridotta presenza materiale. "Questo ha portato ad una situazione di mancate entrate per quei Paesi dovele aziende generano profitti in modo remoto", cioè "con scarsa o nessuna presenza". E "spiana la strada a una evasione sistematica". Secondo i quattro, "la Ue è il contesto più appropriato per definire un approccio comune che possa agire come leva per una soluzione globale", cioè a livello Ocse o G20.

L'offensiva dell'Europa contro Google, Amazon, Facebook, Apple, Airbnb, Booking.com e gli altri big dell'economia digitale, è partita ufficialmente. Il fisco 'light' di cui hanno finora beneficiato sta per finire e la Commissione Ue ha messo nero su bianco diversi modi per rimediare alla maxi-evasione legale che gli Stati membri non vogliono più tollerare. Ora sta ai leader Ue, che si riuniranno a Tallinn per il digital summit, scegliere un'opzione e dare mandato a Bruxelles di approfondirla, per arrivare ad una proposta definitiva entro giugno 2018.

Partiamo dai numeri: le imprese tradizionali locali, in Europa, pagano il 20,9% di tasse, quelle internazionali il 23,4%. Numeri dimezzati per le aziende digitali: quelle locali pagano l'8,5%, quelle straniere il 10,1%. Grazie al fatto che i loro "asset intangibili" sono "altamente mobili". L'obiettivo è riuscire a "tassare il valore laddove viene generato", principio su cui si basa tutta la strategia Ue sul fisco delle imprese. Le opzioni individuate dalla Commissione sono una sintesi delle tante idee circolate finora, e già discusse all'Ecofin. Bruxelles le divide in due categorie: le soluzioni a lungo termine e quelle a breve. Nelle prime, c'è l'ipotesi di aspettare che l'Ocse faccia le sue proposte a inizio 2018, come suggeriva il Lussemburgo. E poi c'è la soluzione preferita dalla Commissione: accelerare i lavori di approvazione della direttiva che creerà una base imponibile comune, e in seguito armonizzerà anche le aliquote.

Ma la discussione è ferma all'Ecofin da 11 anni, e in pochi sono convinti che andrà avanti. Spinta dall'impazienza dei Governi, Bruxelles si dice quindi pronta a soluzioni più "rapide". Come quella individuata da Francia, Italia, Germania, Spagna e sostenuta da altri sei paesi: tassare il fatturato delle imprese digitali, anziché i troppo volatili profitti. Ma significherebbe modificare un principio consolidato della tassazione d'impresa, cioè colpire solo i guadagni. Bisogna poi, spiega il vicepresidente Dombrovskis, "aggiustare la regola della residenza fisica permanente", sviluppata in altri tempi, e una strada può essere quella di pensare ad una "residenza virtuale permanente". Ovvero, le aziende dovrebbero prendere una "residenza virtuale" in ogni Paese in cui hanno una "presenza digitale significativa". Per venire poi tassati come le altre imprese. Altra soluzione rapida è una ritenuta d'acconto sulle transazioni digitali, e una tassa sulle pubblicità online.

Tutte queste hanno però pro e contro da approfondire, come la compatibilità con i trattati sulla doppia tassazione, le regole sugli aiuti di Stato, libertà fondamentali, impegni sul free-trade e regole del WTO. Bruxelles vuole evitare "un patchwork" di soluzioni nazionali, e per questo intende spingere per una soluzione a 28. Ma qualora sia troppo difficile, si potrà procedere con una cooperazione rafforzata. O, addirittura, anche abolire il vincolo dell'unanimità.

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