sabato 22 agosto 2020
Lo stato dell'economia reale è pessimo in tutto il mondo. Ma la ripresa dei mercati finanziari è fortissima. C'entrano le banche centrali, ma anche le app per fare trading
La statua del toro davanti a Wall Street, scultura dell'italo-americano Arturo Di Modica

La statua del toro davanti a Wall Street, scultura dell'italo-americano Arturo Di Modica

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Quella che per l’economia mondiale è una pandemia micidiale sembra essersi già risolta come una brutta influenza per i mercati finanziari. Mentre i Pil crollano e milioni di posti di lavoro evaporano, sui listini è in corso quello che il Financial Times ha definito efficacemente «il rally di tutto». Volano le azioni, nonostante il drastico ridimensionamento degli utili della maggioranza delle imprese. Corrono le obbligazioni, trascurando dati come il raddoppio, nella prima parte del 2020, del tasso di insolvenza tra i bond europei ad alto rendimento,. Vanno in orbita le quotazioni dell’oro, tradizionale beni rifugio (e questa è forse l’unica tendenza compatibile con un momento di crisi mondiale).

Bank of America conduce un sondaggio periodico tra i manager di fondi che gestiscono almeno 500 miliardi di dollari di patrimoni. Nell’ultima edizione risulta che la loro valutazione di un portafoglio di investimento composto di azioni, obbligazioni e oro è ai livelli massimi dal 2008. Cioè da prima dello scoppio della grande crisi. Non tutti i mercati sono stati così forti negli ultimi mesi. In Europa i principali listini sono ancora sotto i livelli di inizio anno (Milano, per esempio, è ancora sotto del 16%) anche se hanno tutti recuperato molto rispetto a marzo. La ripresa della finanza è stata comunque dappertutto moto più rapida di quella dell’economia reale, che in effetti deve ancora iniziare.

Ci sono più motivi dietro questa sorprendente corsa dei mercati. Il principale sono le misure che tutte le banche centrali stanno introducendo per contrastare la crisi: immettono denaro in enormi quantità per garantire liquidità al sistema, così spingono verso il basso i tassi delle obbligazioni (a partire da quello degli Stati) e gli investitori in cerca di rendimenti spostano il denaro verso titoli più rischiosi, come le azioni. A questo si aggiunge, negli Stati Uniti, il peso delle grandi aziende tecnologiche sul listino. Gli analisti si aspettano che nella società del dopo-pandemia resteranno molte delle novità emerse in questi mesi, a partire da un’ampia diffusione dello smart working. Se si lavora a distanza le aziende che producono i sistemi e le tecnologie su cui si muove lo smart working e, più in generale, una vita con maggiore distanziamento, guadagnano sempre di più. Ecco allora che Apple supera la storica soglia dei 2mila miliardi di dollari di valutazione (presto varrà, da sola, più di tutto il principale listino della Borsa di Londra). Amazon, Facebook, Microsoft e Google la seguono a ruota, mantenendosi tutte sopra i mille miliardi di dollari. C’è poi un terzo fattore, anche questo americano. La diffusione sempre più massiccia di app come Robinhood, che offrono a tutti la possibilità di fare gratis trading su strumenti finanziari complessi, ha permesso a milioni di persone di “entrare sul mercato”.

Sono investitori inesperti che fanno trading come passatempo, quasi come fosse un videogioco. Hanno portato soldi freschi sui mercati, aggiungendoci anche una buona dose di irrazionalità ed emotività. Basta vedere che cosa è successo a Tesla, uno dei titoli più amati da questi micro-investitori: le è bastato fare uno "split", cioè dividere l’azione in quattro, per renderla ancora più appettibile e farle guadagnare un 50% nel giro di pochi giorni.


Di questo passo la ripresa sarà sempre più a forma di K: da un lato volano i valori finanziari, dall’altro crollano quelli dell’economia reale. Difficile che una situazione simile sia sostenibile, sia dal punto di vista economico che da quello sociale. Quando si allarga la forbice tra redditi finanziari e redditi da lavoro il primo risultato è sempre un aumento delle diseguaglianze nei redditi della popolazione. Nello stesso tempo crescono i timori per il rischio “bolla”. Trond Grande, vice capo del fondo sovrano norvegese che amministra più di mille miliardi di dollari, ha ammesso che qualche timore c’è: «Abbiamo visto un inatteso recupero rapido nei mercati finanziari, ma forse non abbiamo ancora visto l’effetto totale della pandemia sull’economia reale».

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