giovedì 24 gennaio 2013
Sono state più di 364mila le aziende che, nel corso dell'anno appena concluso, hanno cessato l'attività. E la crisi si fa sentire anche sulla tavola: sette milioni di famiglie optano per prodotti “low cost”. Codacons: gli italiani fanno la fame.
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​Non si allenta la morsa della crisi. Secondo i dati Unioncamere, sono 383.883 le imprese nate nel 2012 (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011), a fronte delle quali 364.972  hanno chiuso i battenti: mille al giorno. Come conseguenza, il saldo tra entrate e uscite si è attestato sul valore di 18.911, il secondo peggior risultato del periodo considerato e vicino - dopo due anni consecutivi di recupero - a quello del 2009, l'anno peggiore dall'inizio della crisi. Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31 dicembre 2012 lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158. Crollo degli acquistiCon la crisi si svuotano le buste della spesa e languono gli acquisti al supermercato. Dopo aver tagliato tutto il superfluo, gli italiani sono costretti anche a una dura “spending review” sulla tavola. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati diffusi dall'Istat. D'altra parte gli italiani, con l'austerity e la pioggia di tasse, hanno rivisto la lista delle priorità e riscritto il modo di fare la spesa alimentare. Oggi - evidenzia la Cia - oltre 7 milioni di famiglie optano per prodotti 'low-cost' o di qualità inferiore, mentre 6 milioni e mezzo di famiglie oramai si rivolgono quasi esclusivamente ai discount. In più, quando non si riducono le quantità dei prodotti acquistati al supermercato, sicuramente - conclude la Cia - si allungano i tempi davanti allo scaffale: rispetto al passato, oggi il 53 per cento degli italiani gira più negozi alla ricerca di sconti, promozioni e offerte specialiPer il Codacons, questi dati significano in pratica che gli italiani fanno la fame e «il Governo dovrebbe a questo punto seriamente valutare l'apertura di mense pubbliche per distribuire gratuitamente pane e pasta a chi ne fa richiesta». Anche Confcommercio non vede schiarite all'orizzonte: i consumi sono in profondo rosso, commenta l'Ufficio studi di Confcommercio spiegando che quello dell'Istat «è un dato che ribadisce ancora una volta come la crisi dei consumi sia profonda e come sia lontana un'inversione di tendenza» e che «il ridimensionamento degli acquisti, prossimo al 4% se valutato al netto dell'inflazione, coinvolge in modo diffuso i diversi formati distributivi, con punte particolarmente gravi per la piccola distribuzione». I dati, insomma, spiega Confesercenti, confermano «la forte crisi del mercato interno italiano: negli ultimi 5 anni siamo riusciti a fare peggio solo nel 2009, anno di massimo impatto della recessione mondiale, quando le vendite realizzarono una serie negativa di 8 mesi; e per incontrare un altro calo di vendite altrettanto consistente di quello che dovrebbe registrarsi per il 2012 (-3%) bisogna giungere addirittura al 1993»
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