domenica 17 dicembre 2017
La centrale di Firenze chiude per 10 festività e apre metà giornata solo il 40% dei super. E la reddittività migliora
Claudio Vanni e Daniela Mori.

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C’è chi dice no. Un no netto alle aperture nei festivi e un no parziale a quelle domenicali. Continuando a fare grande distribuzione, a soddisfare i propri clienti, migliorando i rapporti con i dipendenti. L’Unicoop Firenze, una delle grandi centrali cooperative, forte di oltre 1 milione di soci, più di 8.000 dipendenti in 104 punti vendita in Toscana e un fatturato di 2,4 miliardi di euro, da giugno scorso ha infatti deciso di andare controcorrente rispetto al flusso incontrollato delle aperture di alcuni supermercati, 7 giorni su 7, tutti i festivi compresi. Lasciando chiusi i negozi e a riposo i lavoratori per 10 festività nazionali su 12 (escluso solo il 1° novembre e l’8 dicembre) e aprendo solo per mezza giornata nelle giornate di domenica 40 punti vendita. Saracinesche abbassate e collaboratori a festeggiare in famiglia a Natale e a Santo Stefano, dunque.

Ma come sta andando l’operazione 'feste liberate'? «Bene», risponde Claudio Vanni, responsabile delle relazioni esterne del gruppo, «il clima delle relazioni con i collaboratori è decisamente migliorato, mentre non ci sono state lamentele da parte dei sociclienti ». E le vendite? «Un calo c’è stato, abbiamo perso circa il 25% del fatturato che prima incassavamo la domenica. Abbiamo verificato, però, che una parte di quegli acquisti viene spalmato sul sabato o sul lunedì. E alla fine il saldo è positivo anche sul piano economico perché, calando i costi, è migliorata la redditività, senza ridurre il personale». A riprova che non sempre la spinta al consumo si traduce in un reale vantaggio economico e sociale.

La scelta operata dall’Unicoop viene da una lunga riflessione. «La sintesi l’ho ritrovata nello slogan di un vecchio manifesto degli anni 60: 'Soddisfare i bisogni senza forzare i consumi' – ha spiegato a giugno Daniela Mori, presidente del Consiglio sorveglianza di Unicoop Firenze –. La nostra decisione muove da queste radici ideali e trova anche oggi la sua realizzazione pratica in una visione valoriale della società». Certo, Unicoop Firenze preferirebbe una regolamentazione generale, così come chiesto già all’indomani della liberalizzazione indiscriminata operata dal governo Monti, «ma fin tanto che non questa non arriva, qualcuno deve pur cominciare a fare scelte diverse dalle aperture totali, se si crede in un modello di società che non è quello verso il quale si sta procedendo ». «Le festività per noi hanno un valore identitario molto forte – concludeva Daniela Mori –. Sia le religiose, per chi crede, sia quelle laiche che rimandano a un’idea di Paese libero, repubblicano, fondato sul lavoro, a valori appunto condivisi di coesione sociale e bene comune. Le festività sono occasioni da vivere insieme per rafforzare il tessuto di appartenenza. E le domeniche rappresentano una pausa salutare nella catena lavoro-venditaconsumo. Potrà sembrare paradossale che a dirlo sia un gruppo commerciale.

Le nostre cooperative, però, non sono nate per far crescere i consumi oltre ogni limite ma per dare il meglio possibile agli strati più popolari. Non a scapito di qualcuno o scatenando una conflittualità fra lavoro e vendita, fra produzione e acquisto, ma rispettando tutte le categorie e le persone coinvolte nella filiera». C’è chi dice no. Ed è un bene comune.

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