sabato 30 aprile 2016
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C'è un fenomeno-chiave per comprendere il livello di fiducia degli italiani nel loro Paese, di cui molto si discute nella società ma che la politica sembra ignorare. È la fuga (continua) degli italiani: nel 2014 quasi 90mila connazionali hanno lasciato l’Italia. È un numero importante e in continuo aumento: nonostante il nostro Paese abbia (finalmente) ripreso la via della crescita e il Governo abbia avviato una serie di riforme strutturali invocate da decenni, ottenendo primi rilevanti risultati nella lotta alla disoccupazione. Temo che tra i nostri ragazzi sia diventata addirittura una moda, ispirata da un sorta di 'mitologia della fuga'. Se vi capita di intervistare un diciottenne sulle sue prospettive di vita, nella maggior parte dei casi riceverete l’inesorabile risposta: voglio andar via, a Berlino o a Londra o negli States, perché in Italia non c’è quello che cerco. Approfondendo il confronto, si intuisce che troppo spesso il ragazzo vorrebbe andar via a prescindere (da quello che cerca). E infatti le statistiche raccontano che i 'nuovi emigrati' sono prevalentemente under 40: nel corso degli ultimi due anni, i giovani italiani che hanno deciso di espatriare sono aumentati di oltre il 30%. In sostanza, come avevo scritto in un fortunato pamphlet dieci anni fa, i giovani italiani sono e si sentono ancora una 'Generazione Tuareg'. Hanno un buon livello di istruzione e non fuggono dalla miseria, ma molto più spesso da un deserto di opportunità nel quale non vedono 'oasi'. In realtà, l’idea di fare esperienza nel mondo rientrerebbe perfettamente nel Dna di almeno due generazioni del mondo occidentale (i 20enni e i 30enni di oggi) che vivono in pieno nell’era della globalizzazione. Ma il problema è che, in Italia, quest’idea è desiderio di fuga senza ritorno. Con implicazioni evidenti sul sistema Paese: ogni anno perdiamo non solo una parte – dinamica e qualificata – della nostra (prossima) classe dirigente, ma anche un bel pezzo di spesa pubblica. Secondo stime credibili, l’istruzione dei giovani italiani emigrati dal 2008 al 2014 è costata al nostro Stato ben 23 miliardi di euro. Regalati a Germania, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e altri. Naturalmente i cicli storici non possono essere invertiti in qualche mese. Per sradicare nei nostri ragazzi l’idea che il loro Paese non offra opportunità adeguate, c’è un tremendo bisogno di una strategia a lungo raggio costituita da una sequenza di provvedimenti non solo sul lavoro (come il Jobs Act), ma anche a supporto della natalità, dell’accesso al credito e dell’autoimprenditorialità. E c’è bisogno, probabilmente, anche di un nuovo 'patriottismo economico' da insegnare nelle scuole superiori e nelle Università. Per modificare (a favore dei nostri ragazzi) sia la realtà che la narrazione. Tornando a fare dell’Italia un 'Paese per giovani'.
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