lunedì 6 febbraio 2017
Il bilancio per l'intero 2016 fa registrare il ricorso a complessive 581,8 milioni di ore (-14,8% rispetto al 2015)
In calo la cassa integrazione
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Calano nel 2016 le ore di cassa integrazione, che a dicembre dello scorso anno si attestano a 37,8 milioni di ore (-0,1% rispetto a novembre), mentre il bilancio per l'intero 2016 fa registrare il ricorso a complessive 581,8 milioni di ore (-14,8% rispetto al 2015). Nell'anno appena trascorso, la cassa integrazione straordinaria ha assorbito 387 milioni di ore (pari al 66,5% del totale annuo), la cassa integrazione ordinaria 137,6 milioni e la cassa in deroga 57,2 milioni, con una flessione generalizzata, rispetto al 2015, rispettivamente del -3,3%, -25,2% e -41,9%. Nel 2016 sono stati mediamente salvaguardati oltre 285 mila posti di lavoro. È il quadro che emerge dal 12° Rapporto Uil sulla cassa integrazione.

«Stante lo stato di stagnazione economica in cui versa il nostro Paese, sembra difficile sostenere che il decremento avutosi nel 2016 sia riconducibile a una ripresina economica», commenta Guglielmo Loy, segretario confederale Uil.

Per Loy, «ben più attendibile sembra essere, purtroppo, l'effetto prodotto dalle recenti riforme degli ammortizzatori sociali (Fornero e Jobs Act) che, nel 2016, hanno visto la combinazione della progressiva scomparsa della deroga e un aumento dei costi per l'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Inoltre, sempre nel 2016, si è assistito anche a un fermo amministrativo, in particolare riguardante la cassa integrazione ordinaria, che ha condizionato, ritardandola, la concessione delle richieste di integrazione salariale anche per periodi di oltre sei mesi».

Nell’analisi dei dati territoriali, il calo delle ore autorizzate di cassa integrazione ha interessato tutte le macro aree: -24% il Mezzogiorno, -14,4% il Nord e -6,1% il Centro. Solamente 4 regioni hanno richiesto più ore che nel 2015: Valle d’Aosta (+33,7%), Calabria (+13,1%), Emilia Romagna (+6,1%) e Toscana (+5,4%), a fronte della Basilicata che ha registrato il più alto decremento di ore (-68,7%). Tra le 25 province interessate da un incremento di richieste di cassa integrazione, ai primi 3 posti troviamo: Livorno (+148,6%), Avellino (+131,1%) e Ferrara (+106,5%). Viceversa, la più forte flessione si registra a Potenza (-75,6%).

«Con questo studio - continua Loy - si vuole, inoltre, sottolineare un aspetto che non intendiamo sottovalutare, ma che non è possibile ancora analizzate per assenza di dati ufficiali. Rispetto alla diminuzione nel 2016 della cassa integrazione in deroga, ha contribuito oltre alla diminuzione delle risorse e dei periodi indennizzabili (massimo tre mesi), anche l’introduzione del nuovo Fondo di integrazione salariale (Fis), istituito dal decreto legislativo 148/2015, i cui possibili beneficiari sono tutti i datori di lavoro (imprenditori e non) che hanno più di cinque dipendenti e che non rientrano nel campo di applicazione di cigo e cigs. Pur essendo questo nuovo strumento già entrato a regime dal 1° gennaio 2016, non essendo stati ufficializzati dall’Inps, ancora non si hanno dati certi di quante aziende (anche per grandezza dimensionale) stiano versando al nuovo Fondo né quanti siano i lavoratori interessati e quante ore di integrazione salariale siano state richieste. Dalle poche informazioni in nostro possesso il Fis non ha ancora erogato alcuna prestazione, pur a fronte di 950 domande presentate e riferite a 22 mila lavoratori per un totale di circa 7,5 milioni di ore e una spesa stimata di oltre 80 milioni di euro».

La Uil, da tempo, ha segnalato le numerose criticità nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali come riformati dal Jobs Act, chiedendo alla politica e ai governi, di prendere atto della necessità di rivedere alcune delle norme che regolano la cassa integrazione e di modificare ciò che sta producendo forti tensioni sociali. «La piccola modifica sulla cassa integrazione straordinaria, dedicata solo ad alcune realtà particolari (le aree di crisi complesse), è stata necessaria, ma non risolutiva - avverte il sindacalista -. In sostanza pensiamo che si debba prendere atto che il nostro Paese e il suo sistema produttivo necessitano, nel campo delle integrazioni salariali, di strumenti flessibili che evitino il rischio licenziamenti e permettano alle imprese di 'mantenere' la propria forza lavoro e le grandi professionalità che vi operano, anche con sospensioni temporanee. Anche per questi motivi, le organizzazioni sindacali stanno chiedendo al governo di confrontarsi per condividere le necessarie e ragionevoli modifiche».

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