sabato 2 settembre 2017
Fs punta a coordinare treni, metro e bus per la mobilità del futuro
Trasporto locale, una ricetta per l'integrazione
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Nel giorno in cui l’Atac ricorre al concordato preventivo per evitare la bancarotta, uno studio delle Ferrovie dello Stato fa sapere agli italiani che «se» i trasporti urbani funzionassero, il Paese risparmierebbe 12 miliardi, quasi un punto di Pil. Lo studio Fs-Ambrosetti presentato ieri a Cernobbio non sembra credere alle promesse della Raggi di «dare ai cittadini i servizi che meritano» e inchioda il sistema dei trasporti pubblici ai numeri: chi usa un bus in Italia impiega il doppio (61 minuti per 5 chilometri e mezzo) rispetto alle grandi capitali europee; il nostro Paese ha poche metropolitane e troppi mezzi privati (610 autovetture per 1.000 abitanti); la politica della mobilità soggiace a una miriade di competenze… Analizzando questi dati, Renato Mazzoncini, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, non ha fatto nulla per nascondere la volontà di giocare un ruolo da protagonista in questo settore; non serviva neppure dirlo, visto che sempre ieri Mazzoncini ha confermato la chiusura dell’operazione di fusione che in autunno porterà al «trasferimento dell’Anas sotto il cappello di Fs», concentrando il controllo di tutta la rete di trasporto nazionale.

Da questa posizione di forza, il Gruppo può non soltanto candidarsi ad essere un «player polivalente come pochi altri» ma anche a dettare le condizioni per quel «miglioramento che può portare a un’inversione di tendenza nell’arco di tre-cinque anni» nel trasporto urbano, miglioramento che passa, ha sottolineato una nota del Gruppo FS, attraverso «la creazione di un solido sistema di infrastrutture di trasporto urbano su rete fissa e la forte integrazione modale, correlata a un’efficace pianificazione urbanistica; lo sviluppo di un modello di gestione del servizio collettivo che sia sostenibile a livello ambientale ed efficiente in termini economici; l’aumento degli investimenti in innovazione tecnologica che, anche attraverso lo sviluppo di piattaforme di servizi integrati, rendano il sistema capace di offrire una migliore esperienza di viaggio». A Cernobbio, il direttore generale di Fs ha spiegato quale sia la posta in gioco: la domanda di mobilità è in aumento – le persone che si spostano giornalmente sono passate in quattro anni dal 75,1% all’83,6% – e sta cambiando; le città metropolitane crescono più del Paese (sia in popolazione che in valore aggiunto) e calamitano il traffico; dalle esperienze internazionali si possono ricavare le best practice per affrontare le inefficienze di un sistema di mobilità ancora troppo legato al mezzo individuale (e che costa 140 miliardi all’anno) e all’autobus. Secondo questo studio, il gap è dovuto a un deficit infrastrutturale degli impianti a rete fissa: la rete metropolitana italiana è di 3,83 km per milione di abitanti a fronte dei 5,45 km della Francia, 7,81 km della Germania, 10,45 km del Regno Unito e 12,50 della Spagna. La rete tranviaria presenta un quadro simile in cui l’Italia si attesta a 5,34 km per milione di abitanti, in linea con il dato della Spagna di 5,05 km ma distante dagli 11,07 km della Francia e i 23,37 km della Germania.

«I trasporti urbani italiani sono poco efficienti anche in fatto di sostenibilità industriale con una forte dipendenza dai contributi pubblici. In Italia – sottolinea il rapporto – i ricavi da traffico del Trasporto pubblico locale ( Tpl) si collocano in media in un range che va da 0,4 a 0,6 euro a passeggero, una quota che copre solo il 26% dei costi totali; da noi servono mediamente 2,4 euro di contributi per chilometro, mentre nel Regno Unito ne bastano 0,8, in Germania 0,9, in Spagna 1,7, in Francia 2,2». La strategia Fs, qualora entrasse nella partita della mobilità urbana, è quella di creare un sistema integrato di metro e tramvie, investire in tecnologie e adottare una gestione più sostenibile. Naturalmente, le ferrovie avrebbero un ruolo centrale e le stazioni diventerebbero dei veri e propri nodi intermodali, ma Mazzoncini promette «fino a 4,4 miliardi all’anno di risparmi di spesa del trasporto collettivo su gomma a livello nazionale, il che ci permetterebbe di allineare il Paese ai valori di costo per chilometro della Germania».

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