venerdì 23 giugno 2017
Il progetto Remedia con 24 partner internazionali per bonificare terre e acque
Trasformare i rifiuti tecnologici in risorse
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LOMÉ ( TOGO) La sfida è enorme. Tramutare i Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) che raggiungono il continente africano in una preziosa risorsa per la popolazione. Tra le diverse iniziative lanciate negli ultimi anni, c’è anche quella dell’E-waste implementation toolkit (Ewit), conclusasi quest’anno. «Il progetto Ewit è partito nel 2015 quando la Commissione europea ci ha conferito il ruolo di coordinatori», spiega ad Avvenire Danilo Bonato, direttore di Remedia, un consorzio italiano per la gestione eco-sostenibile di tutte le tipologie di Raee. «L’obiettivo era portare in Africa l’esperienza di alcuni Paesi europei nella gestione e nel riciclo dei rifiuti elettronici. Poiché tali materiali sono tossici per l’ambiente e le persone – continua Bonato – abbiamo esplorato i migliori canali sostenibili nel tempo».

Il progetto è costato oltre 1,6 milioni di euro e contava 24 partner internazionali legati al mondo della ricerca accademica, delle istituzioni locali e dell’industria. È nata quindi una collaborazione tra le città europee di Firenze, Anversa, Oporto, e Vienna, insieme a quelle africane di Choma in Zambia, Abidjan in Costa d’Avorio, Johannesburg in Sud Africa e Kisii in Kenia. «Abbiamo organizzato una mappatura, una raccolta e analisi dei dati, e realizzato un portale informativo del cosiddetto 'toolkit' – afferma il direttore del consorzio –: si tratta di materiale illustrativo per la gestione dei Raee, con linee guida e obiettivi a medio termine per incrementare le opportunità di riciclo e i benefici economici». L’intero continente africano genera circa 1,9 milioni di tonnellate annue di Raee e solo il 12% viene riciclato. Il resto viene esportato soprattutto in Cina o India (spesso illegalmente) o buttato nelle discariche in cui bambini e adulti si riversano per recuperare metalli come rame, alluminio e ferro. Durante tale processo, però, vengono sprigionate pericolose sostanze chimiche come arsenico, piombo e mercurio. Una minaccia che si sta espandendo a macchia d’olio. Per esempio, l’inquinamento della nota discarica di Agbogbloshie, qualche chilometro a ovest del centro della città di Accra, in Ghana, sta causando danni ambientali pure nei quartieri di James Town, Korle-Gonno e vicino all’ospedale Korle-Bu. Per questo le autorità ghanesi hanno approvato lo scorso luglio una legge per gestire con più efficienza l’e-waste. «In un contesto come quello africano dove c’è una limitata capacità di investimento da parte delle istituzioni – aggiunge Bonato – abbiamo approfondito i temi della gestione operativa oltre agli aspetti legislativi connessi».

La raccolta e lo smaltimento di tali rifiuti richiedono strutture adatte e competenze specifiche. Il consorzio ammette di aver dovuto affrontare alcune barriere culturali durante i due anni di lavoro. I governi locali tendono a non dar peso ai danni che questa particolare tipologia di rifiuti può provocare. Gli attivisti ambientali africani sono infatti spesso minacciati da politici e uomini d’affari che preferiscono ignorare tale fenomeno. «La gestione dell’ewaste nel continente africano è per noi una problematica di grande rilevanza, sia a livello ambientale che strategico – conclude il capo di Remedia –. La cooperazione con l’Africa può essere di fondamentale importanza per i paesi europei e può dar vita a una sinergia e una partnership di lungo periodo».

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