giovedì 6 febbraio 2020
I risultati del terzo Rapporto Censis-Eudaimon. Un operaio su due vede a rischio il proprio posto con l'industria 4.0. Acli e ministero del Lavoro presentano il progetto "Welfarlab"
La presentazione del terzo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale

La presentazione del terzo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale

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Sette milioni di lavoratori hanno paura di perdere il proprio posto di lavoro a causa dell’arrivo delle nuove tecnologie: dai robot all’intelligenza artificiale. In particolare, quasi un operaio su due vede il proprio lavoro a rischio. L’85% esprime una qualche paura o preoccupazione per l’impatto atteso della rivoluzione tecnologica e digitale (il dato supera l’89% tra gli operai). Per il 50% si imporranno ritmi di lavoro più intensi, per il 43% si dilateranno gli orari di lavoro, per il 33% (il 43% tra gli operai) si lavorerà peggio di oggi, per il 28% (il 33% tra gli operai) la sicurezza non migliorerà. Sono alcuni dei principali risultati del Terzo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Proprio il welfare aziendale, però, può mitigare le disuguaglianze. Per il 43,3% dei lavoratori, infatti, può contribuire a una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Rassegnati a buste paga più leggere, minori protezioni, maggiori conflitti. Il 70% dei lavoratori (il 74% degli operai) teme la riduzione di redditi e tutele sociali. Per il 58% (il 63% tra gli operai) in futuro si guadagnerà meno di oggi. E per il 50% si avranno minori tutele, garanzie e protezioni. In questo caso le percentuali restano elevate tra dirigenti e quadri (54%), operai (52%) e impiegati (49%). Forte è anche il timore di nuovi conflitti in azienda: per il 52% dei lavoratori (il 58% degli operai) sarà più difficile trovare obiettivi comuni tra imprenditori, manager e lavoratori.

Salari tecno-polarizzati. Fatto 100 lo stipendio medio italiano, nei settori tecnologici il valore sale a 184,1, mentre negli altri comparti scende a 93,5. Sono i numeri di una disuguaglianza salariale in atto nelle aziende italiane che convive con le paure dei lavoratori e certifica l’esistenza di un gap tra chi oggi lavora con le nuove tecnologie e chi no.

Il welfare aziendale può mitigare le disuguaglianze. Per due lavoratori su tre che già ne beneficiano (il 66%), il welfare aziendale sta migliorando la loro qualità della vita. Le percentuali sono elevate tra dirigenti e quadri (89%), lavoratori intermedi (60%), operai (79%). Guardando al futuro, il 54% dei lavoratori è convinto che gli strumenti di welfare aziendale potranno migliorare il benessere in azienda. E in vista dell’arrivo di robot e intelligenza artificiale, il welfare aziendale viene annoverato tra le cose positive che si possono ottenere in un futuro immaginato con meno lavoro, meno reddito e minori tutele.

Acli e ministero del Lavoro contro la povertà
Mentre la lotta alla povertà ha un’arma in più: il progetto Welfarelab, realizzato dal mondo Acli assieme a ministero del Lavoro. «Dobbiamo fare comunità, animare la comunità e lo possiamo fare con un nuovo welfare che parta dal territorio». Così Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli. Il sottosegretario al Lavoro Stanislao Di Piazza, invece, sottolinea «come oggi è più che mai necessario dare il via alla fase 2 del reddito di cittadinanza, quella che riguarda l’inclusione, e per questo abbiamo bisogno di confrontarci con tutti gli attori in campo e con associazioni come le Acli che da anni sono impegnate nella lotta contro la povertà e che promuovono, con progetti come questo, un nuovo modello di welfare». Anche il presidente del Cnel, Tiziano Treu, rimarca quanto siano importanti iniziative «che hanno a che fare con una concezione della crescita che non calcola solo il Pil, ma fa riferimento anche agli indicatori di benessere di un individuo e quindi, in definitiva, tiene conto di ciò che è contenuto nell’Agenda 2030 dell’Onu».

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