martedì 15 giugno 2021
Complice la pandemia e le sue paure, le nuove leve stanno orientando la bussola non più verso "il posto fisso", ma sul "lavoro agile" e il mondo del digitale e dell'Ict
Giovani sempre meno interessati al posto fisso

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"Si vive una volta sola". È il concetto alla base della Yolo economy - la "You-only-live-once economy" resa
popolare dal rapper canadese Drake - che ora sta conquistando posizioni anche fra i giovani italiani. Tanto che una ricerca ha rilevato come il nuovo stile di vita stia coinvolgendo anche nel nostro Paese i millennial (26-41 anni) e la generazione Z (under 25). Complice la pandemia e le sue paure, i ragazzi stanno infatti orientando la bussola non più verso "il posto fisso", ma sul "lavoro agile" e il mondo del digitale e dell'Ict.

Dai dati della ricerca, effettuata su un campione di studenti che nel 2020 hanno partecipato al corso hackademy per diventare programmatori, emerge che a inseguire la nuova tendenza sono soprattutto i ragazzi in media di 29 anni. Di questi, il 64% nella fascia 24-36 anni, e il 72% con una licenza superiore, presenti al 25% quelli con una laurea triennale o magistrale. Ma soprattutto moltissimi di loro non hanno competenze pregresse in ambito informatico. Si tratta in alcuni casi di giovani disposti anche a lasciare "un lavoro sicuro", nonostante il difficile periodo attuale, "per inseguire i propri sogni e trasformare la passione per l'informatica e la tecnologia in una nuova carriera", sottolinea la ricerca. Una scelta "rischiosa, ma premiante" perché il tasso di collocamento per questi studenti è del 95%, di cui il 75% entro 60 giorni dalla conclusione del corso. Il percorso intrapreso permette non solo di inserirsi in un settore, come quello Ict, dove c'è forte richiesta di risorse - solo per l'Italia si parla di 100mila figure in ambito tech - ma anche di sviluppare, soprattutto in un contesto di incertezza come quello attuale, una nuova mentalità.

«Nell'ultimo anno si è parlato moltissimo di lavoro agile, soprattutto in riferimento alla legge sullo smart working che ha consentito alle aziende di gestire il lavoro da casa dei dipendenti durante la pandemia. Tuttavia il lavoro agile non è sinonimo di lavoro da remoto: è piuttosto un metodo nato nel mondo dell'informatica e basato su collaborazione, focus sugli obiettivi, soddisfazione del cliente e continua sperimentazione», chiarisce Giancarlo Valente, cto di Aulab. Valente aggiunge che «queste caratteristiche lo rendono un metodo adatto a lavorare in un contesto di incertezza, che è quello in cui tutti i giorni si trovano a lavorare gli sviluppatori ma che è ormai necessario per qualunque lavoratore. Nei nostri corsi abbiamo quindi come obiettivo di veicolare il mindset agile e i suoi strumenti: in questo modo gli studenti acquisiscono competenze utili per sviluppare progetti software, indipendentemente dal framework e dal linguaggio utilizzato, ma più in generale per lavorare più efficacemente in qualunque situazione, anche da remoto».

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