giovedì 17 ottobre 2013
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La parola «sciopero» la pronunciano solo la Uil e i metalmeccanici della Fiom. Cgil e Cisl, invece, pur critiche sulla legge di stabilità approvata l’altra sera, sono assai più prudenti e parlano di «mobilitazione a tutto campo». Che tradotto significa: manifestazioni ma soprattutto pressioni sul Parlamento per arrivare a modifiche sostanziali del testo uscito dal Consiglio dei ministri, in molti punti peraltro appena abbozzato. Lo sciopero, al massimo, sarebbe limitato al Pubblico impiego.Delusione comprensibile quella dei sindacati – condivisa anche dal mondo imprenditoriale – soprattutto per l’esiguità della riduzione d’imposta ai lavoratori prevista per il 2014. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, infatti, il beneficio arriverebbe a un massimo di 14 euro al mese per i dipendenti con un reddito tra i 15.000 e i 20.000 euro l’anno. Al di sopra dei 20mila euro, le maggiori detrazioni cominciano a calare, fino ad annullarsi alla soglia dei 55mila lordi l’anno. E, per la stessa natura delle detrazioni, l’intervento immaginato dal governo finirebbe per valere zero per i redditi fino a 7mila euro e appena 4 euro al mese per quelli intorno ai 10mila. Così la leader Cgil, Susanna Camusso, parla di «promesse tradite. È mancato il coraggio di ridurre le tasse sul lavoro e di far pagare di più chi nella crisi ha continuato a stare bene». In sintonia il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che definisce «segnali troppo deboli» quelli lanciati dall’esecutivo: «Alla fine ha vinto il partito della spesa pubblica improduttiva e intoccabile». Ed è il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, a usare le espressioni più forti: «Sotto i titoli, nella legge non c’è nulla: ci sentiamo presi in giro, il taglio del cuneo è irrisorio». Le segreterie delle confederazioni si riuniranno probabilmente lunedì prossimo per esaminare il da farsi. E la mobilitazione riguarderà anche le misure sul pubblico impiego: blocco dei contratti, taglio degli straordinari e rateizzazione della liquidazione, ritenute «inaccettabili». Anche il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella, punta il dito contro gli «effetti devastanti» della legge di stabilità.Resta critica, ammorbidendo però i toni, la Confindustria. «Ci sono passi nella direzione giusta che possiamo valutare positivamente, ma ci vuole più coraggio, perché mantenere lo statu quo non cambia l’andamento dell’economia né il futuro del Paese», ha spiegato il presidente Giorgio Squinzi. E netta è pure la posizione di Rete Imprese Italia: «La legge di Stabilità è insufficiente per risvegliare le energie e sviluppare i pur debolissimi segnali di ripresa».
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