mercoledì 30 luglio 2014
​Mentre il governo promette nuovi incentivi fiscali, nel 2013 il settore ha versato nelle casse del Fisco il 6,3% in più rispetto a cinque anni fa, a fronte però di un mercato che è crollato del 40%
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​Il governo dunque sembra avere finalmente allo studio misure di defiscalizzazione per incentivare l'acquisto di auto nuove. Un annuncio quello fatto ieri dal ministro dei Trasporti, Lupi, che provoca il giudizio positivo di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, che invita però a procedere con «un provvedimento esecutivo» per evitare che l'attesa degli incentivi spinga gli italiani a rinviare ancora gli acquisti. Per Federauto, invece, va bene un intervento da parte del governo ma - fa notare -  «se le misure annunciate dovessero essere simili a quelle adottate per rilanciare l'edilizia, non funzionerebbero per le famiglie perchè qui non c'è un sommerso da fare emergere».

Interessante a questo punto è anche sapere quanto vale per lo stato italiano il bistrattato settore dell'automotive. Verso il quale così poco (per non dire nulla) è stato fatto in questi anni. Ebbene, nel 2013 lo stato ha ricevuto dall’intera filiera dell'auto la bellezza di 70,5 miliardi di euro, l’equivalente di un + 6,3% rispetto al 2009, nonostante di auto, da parecchi anni ormai, se ne vendano molto meno (-39,8%).
 
A fronte di una leggera crescita (+0,6%) del totale delle entrate tributarie nazionali rispetto al 2012 – derivante da un andamento positivo delle imposte dirette (+1,9%) e negativo delle imposte indirette, basate sui consumi (-1%) – il gettito proveniente dal settore automotive, secondo le stime elaborate da ANFIA, è sceso del 2,7%, mantenendo comunque una quota percentuale sul gettito complessivo calcolato secondo il criterio di cassa non distante da quella del 2012: 16,5% contro 17%.
«Facendo un confronto sugli ultimi 5 anni – dichiara Roberto Vavassori, Presidente di ANFIA  - il gettito proveniente dal settore automotive è cresciuto del 6,3% tra 2009 e 2013, con una quota percentuale sul gettito complessivo passata dal 16% al 16,5%, dopo il picco del 17% nel 2012». E’ significativo notare che, nello stesso periodo, il gettito IPT e IVA derivante dall’acquisto  degli  autoveicoli  è  calato  del  30,2%  a  causa  del  forte ridimensionamento  dei  volumi  di  nuove  immatricolazioni  (-39,8%) mentre,  al contrario, il gettito derivante da possesso (bollo auto) e utilizzo dei mezzi, è cresciuto rispettivamente del 4,6% e del 13,2%.
«A fronte della perdita di capacità di spesa da parte degli italiani – ha proseguito il Presidente ANFIA - si è risposto in questi anni con l’inasprimento delle imposizioni fiscali sull’auto,  giunte  a  livelli  tali  da  generare  una  profonda  contrazione  del mercato, con conseguenze gravi sia a livello industriale, sia sul parco circolante sempre più obsoleto, poco sicuro e inquinante».
 
Messa a confronto con gli altri 4 principali mercati europei (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), in base ai più recenti dati disponibili, l’incidenza del gettito fiscale della filiera automotive italiana sul PIL rimane la più elevata: 4,5% contro una media del 3,2%.Per rilanciare il mercato italiano nel Belpaese diventa quindi assolutamente prioritario invertire questa tendenza, con particolare attenzione alla spesa delle famiglie, ma anche alla competitività delle imprese. Servono proposte e leggi che vadano  nella  direzione  di  una  fiscalità automotive più equa ed equilibrata, e non iniziative come quella della “Legge Fornero” prima e con la “Legge di Stabilità 2013” poi che hanno portato la deducibilità delle auto aziendali dal 40% al 20%, mentre in ambito UE arriva fino al 100%. Senza un opportuno intervento di armonizzazione, l’incidenza delle auto aziendali sul mercato italiano continuerà a restare molto più bassa che in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna.
E’ assurdo, inoltre, che alcune misure, come il superbollo, abbiano contribuito a deprimere un mercato già in difficoltà, generando effetti collaterali di elusione della misura stessa. La sua abolizione consentirebbe una ripresa dei volumi di vendita, di attività e di occupazione per il segmento auto interessato, con un probabile contagio positivo sugli altri segmenti di mercato e un incremento del gettito impositivo. Dal punto di vista industriale, questo favorirebbe lo sviluppo di una strategia nella produzione nazionale di prodotti del segmento, e uno sviluppo del mercato delle auto di alta cilindrata a basse emissioni.
Sul fronte delle assicurazioni, infine, si ricorda che la telematica assicurativa rappresenta  una delle soluzioni per la riduzione del carico fiscale, e si auspica, quindi, che vengano rapidamente approvati i provvedimenti di attuazione derivanti dalle misure sulle liberalizzazioni varate nel 2012 (DDLL n. 1  e n. 179 del 2012) con riferimento al settore assicurativo.
 
Senza dimenticare poi che il Codice della Strada stabilisce che almeno il 50% dei proventi delle multe incassate dagli enti locali venga utilizzato per migliorare la sicurezza, investendo il 25% nella manutenzione stradale, il 12,5% nella segnaletica e il 12,5% nei controlli sulle strade. Non esistendo, tuttavia, un sistema di verifica di questi investimenti, che gli enti locali dovrebbero mettere annualmente a bilancio, lo sforzo dei produttori  per  accrescere  gli  standard di sicurezza dei  veicoli,  e  ridurre l’incidentalità e la mortalità sulle strade, viene spesso vanificato dalle condizioni delle infrastrutture stradali italiane, ancora al di sotto degli standard europei di sicurezza.
 
Concludendo, è inutile produrre vetture più belle, più sicure e poco inquinanti se poi lo stato spreme ben bene chi le vende e, soprattutto, chi le acquista. 
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