giovedì 1 agosto 2019
Dopo un triennio di debole ripresa (2015-2017), si riallarga la forbice con il Centro-Nord. Si riaccende il fenomeno emigrazione. Ristagnano i consumi e calano gli investimenti
La presentazione del rapporto Svimez

La presentazione del rapporto Svimez

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Se l'Unione Europea rallenta e il Centro-Nord segna il passo, la situazione del Mezzogiorno è davvero preoccupante. «Nel progressivo rallentamento dell'economia italiana, si è riaperta la frattura territoriale che arriverà a segnare un andamento opposto tra le aree, facendo ripiombare il Sud nella recessione da cui troppo lentamente era uscito». È quanto si legge nelle anticipazioni del rapporto Svimez L'economia e la società del Mezzogiorno, che sottolinea come nel 2019 «l'Italia farà registrare una sostanziale stagnazione, con incremento lievissimo del Pil del +0,1%. Al Centro-Nord dovrebbe crescere poco, di appena lo +0,3%. Nel Mezzogiorno, invece, l'andamento previsto è del -0,3%». Mentre nel 2018 il Sud «ha fatto registrare una crescita del Pil dell'appena +0,6%, rispetto al +1% del 2017». Inoltre emerge «una ripresa debole, in cui peraltro si allargano i divari di sviluppo tra le aree del Paese». La revisione delle stime Svimez mostrano che, con la significativa eccezione del 2015, anche nel 2016 e nel 2017 il divario di crescita del Mezzogiorno è stato ampio. Per quanto riguarda il futuro, poi, per il 2020, l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno prevede che il Pil meridionale «riprenderà a salire segnando però soltanto un +0,4% (anche l'occupazione tornerà a crescere, se pur di poco, con un +0,3%)». Migliore, invece, sarà l'andamento delle più importanti variabili economiche nel Centro-Nord, «con un incremento del prodotto interno lordo pari a +0,9%, ma comunque non in grado di riportare l'Italia su un sentiero di sviluppo robusto (nel 2020, l'aumento del Pil nazionale sarà del +0,8% e dell'occupazione del +0,3%)».

«L’austerità l’ha pagata
soprattutto il Mezzogiorno - spiega il presidente della Svimez Adriano Giannola -. Se tra il 2009 e il 2015 fosse stato rispettato il parametro del 34% della spesa per investimenti nel Sud, nelle aree meridionali ci sarebbero stati 300mila disoccupati in meno e la caduta del Pil sarebbe stata inferiore di circa cinque punti percentuali». Per Giannola, il rischio forte è che l’area meridionale si allarghi ulteriormente, perché perfino le Marche e l’Umbria sono ormai sotto la media europea del 100%. Infine il presidente della Svimez ha messo l’accento sul fatto che «quella attuale non è solo l’ultima spiaggia per il Sud, ma lo è per l’intero Paese, in quanto non stanno aumentando solo i divari tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche tra Nord ed Europa».

Divario occupazionale e fenomeno emigrazione
Il divario occupazionale del Sud rispetto al Centro-Nord nel 2018 «è stato pari a due milioni 918mila persone, al netto delle forze armate». La Svimez spiega come la dinamica dell'occupazione al Sud presenti dalla metà del 2018 «una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord». Gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 «sono calati di 107 mila unità (-1,7%)», nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, «sono cresciuti di 48 mila unità (+0,3%)». La mancanza di lavoro al Sud è tra le principali cause del riaccendersi del fenomeno emigrazione. «Le persone emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre due milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Di queste ultime 66.557 sono giovani (50,4%, di cui il 33,0% laureati, pari a 21.970). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852 mila unità». Nel solo 2017, sono andati via «132mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70mila unità. La ripresa dei flussi migratori rappresenta la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è via via allargata anche al resto del Paese». Sono di più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all'estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali. In base alle elaborazioni della Svimez, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall'estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l'estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017.

Consumi, tra rischio aumento Iva e capacità di spesa ridotta
Un eventuale aumento dell'Iva, per effetto della mancata sterilizzazione delle "clausole di salvaguardia" peserebbe per un -0,33% sull'economia nazionale. Questa cifra si scompone territorialmente in un -0,30% al Centro-Nord e in un -0,41% al Sud. L'impatto maggiore al Sud dell'aumento dell'Iva è legato a due ordini di fattori. Il primo è l'effetto regressivo che una manovra sull'Iva determina maggiormente nel Mezzogiorno, dove i redditi sono strutturalmente più bassi e la capacità di spesa reale dei consumatori è minore. Il secondo attiene alla trasferibilità dell'incremento dell'Iva sui prezzi finali, che è maggiore al Sud rispetto al resto del Paese. Le previsioni Svimez tengono conto dell'impatto positivo del reddito di cittadinanza, che è stimato nel 2019 in circa +0,14% di Pil. Qualora la misura fosse stata pienamente sviluppata in base a quanto originariamente previsto. Invece, in conseguenza della minore spesa conseguente a questa misura, l'effetto espansivo sul Pil meridionale non dovrebbe andare oltre +0,10%. Per il 2020, però, la Svimez stima che il reddito di cittadinanza potrà avere un impatto positivo pari a circa tre decimi di punto percentuale, tre volte in più di quest'anno e doppio di quello rilevabile nel Centro-Nord.

Investimenti, crescono solo nelle costruzioni
Gli investimenti rimangono la componente più dinamica della domanda interna nel Mezzogiorno (+3,1% nel 2018 nel Mezzogiorno, a fronte del + 3,5% del Centro-Nord). La sostanziale tenuta degli investimenti meridionali nel 2018, rivela una dinamica molto differenziata tra i settori. Sono cresciuti gli investimenti in costruzioni (+5,3%), mentre si sono fermati, con un fortissimo rallentamento rispetto all'anno precedente, quelli delle imprese in macchinari e attrezzature (+0,1%, contro il +4,8% del Centro- Nord). Un dato preoccupante, perché sono soprattutto gli investimenti in macchinari e attrezzature (nonostante la ripresa dell'ultimo triennio, sono ancora del -27,6% al di sotto dei livelli del 2008, contro il +4,9% del Centro-Nord), a indicare la volontà di investire delle imprese, segnalando un sensibile peggioramento del clima di fiducia degli operatori economici.

Indietro su scuola, sicurezza e salute
«L'indebolimento delle politiche pubbliche al Sud incide significativamente sulla qualità e dei servizi erogati
ai cittadini» in particolare sul fronte sicurezza, scuola e sanità. Il divario «è dovuto soprattutto a una minore quantità e qualità delle infrastrutture sociali e riguarda diritti fondamentali di cittadinanza». Nel comparto sanitario, osserva la Svimez, vi è un divario già nell'offerta di posti letto ospedalieri per abitante: 28,2 posti letto di degenza ordinaria ogni 10mila abitanti al Sud, contro 33,7 al Centro-Nord.

«Ancor più drammatici sono i dati che riguardano l'edilizia scolastica», afferma l'associazione. A fronte di una media oscillante attorno al 50% dei plessi scolastici al Nord che hanno il certificato di agibilità o di
abitabilità, al Sud sono appena il 28,4%. Inoltre, mentre nelle scuole primaria del Centro-Nord il tempo pieno per gli alunni è una costante nel 48,1% dei casi, al Sud si precipita al 15,9%. Con punte del 7,5% in Sicilia e del 6,3% in Molise. Tali dati fanno emergere, secondo la Svimez, «l'urgenza di un piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture sociali del Mezzogiorno: scuole, ospedali, presidi socio-sanitari, asili nido».

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