mercoledì 26 settembre 2012
​Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale con 329 mila under 34 che hanno perso il lavoro negli ultimi tre anni. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno 2011.
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Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale con 329 mila under 34 che hanno perso il lavoro negli ultimi tre anni. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull'economia del Mezzogiorno 2011 presentato oggi a Roma. Il rapporto sottolinea che il rischio reale è la scomparsa di interi comparti dell'industria italiana nel Sud.Negli ultimi quattro anni, dal 2007 al 2011, l'industria al Sud ha perso 147mila unità (-15,5%), il triplo del Centro-Nord (-5,5%). Giù al Sud anche gli investimenti fissi lordi, -4,9% nel 2011, e -1,3% del resto del Paese. Lo scenario è quindi quello di una profonda e continua de-industrializzazione, perchè le imprese al Sud non riescono a mettere in pratica strategie di internazionalizzazione e delocalizzazione di fasi produttivetali accrescere la competitività del sistema. Situazione ancora più difficile in presenza di un costo del lavoro al Sud decisamente più alto dei competitors europei e asiatici. In relazione alla competitività del Sud in Europa, secondo una simulazione SVIMEZ contenuta nel Rapporto, un lavoratore rumeno conviene rispetto al meridionale perchè pur essendo meno produttivo costa decisamente molto meno. Un lavoratore meridionale nel 2008, insomma, è costato circa 34.334 euronel Sud, quanto quasi due polacchi (19.738 euro), sette rumeni (5.429) e quasi dieci bulgari (3.813), mentre il divario di produttività vede il lavoratore del Sud soltanto da 2 a 4 volte più produttivo del collega europeo.Il rapporto poi evidenzia la situazione di emergenza per il lavoro di giovani e donne.Dopo un biennio di stagnazione, nel 2011 gli occupati in Italia sono stati 22 milioni 967mila unità, 95mila in più rispetto al 2010, pari allo 0,4% (+0,2% nel Mezzogiorno, + 0,5% nel Centro-Nord). Ma la vera e propria emergenza colpisce i giovani e le donne.In tre anni, dal 2008 al 2011, gli under 34 che hanno perso il lavoro al Sud sono stati 329mila. Nel 2011 il tasso di occupazione in età 15-64 è stato del 44% nel Mezzogiorno e del 64% nel Centro-Nord. A livello regionale il tasso più alto si registra in Abruzzo (56,8%), il più basso in Campania, dove continua a lavorare meno del 40% della popolazione in età da lavoro. In valori assoluti, crescono gli occupati in Abruzzo (+13.300), Puglia (+11.600), Sardegna (+8.300), Calabria (+3.900) e Basilicata (+2.500).In calo invece in Molise (- 1.100), Sicilia (-7.300) e Campania (-16.700).Il tasso di disoccupazione ufficiale, spiega la Svimez, rileva però una realtà in parte alterata. La zona grigiadel mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine.Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2011 al 25,6%.
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