martedì 4 novembre 2014
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L’indennità di disoccupazione speciale in edilizia resterà in vita fino al 31 dicembre 2016. I lavoratori che ne hanno diritto sono quelli licenziati per crisi occupazionale e appartenenti a circoscrizioni (centri per l’impiego) con rapporto superiore al 18,4% tra lavoratori iscritti alla prima classe del collocamento e popolazione residente. Tali lavoratori, quindi, possono optare per incassare questa indennità al posto dell’Aspi. Dal 1° gennaio 2017, la disoccupazione edile scomparirà perché abrogata dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012).La prestazione, come accennato, è riservata ai lavoratori dipendenti del settore edile, inclusi  i soci lavoratori dipendenti di cooperative edili, licenziati per:•    cessazione dell'attività aziendale;•    ultimazione del cantiere o delle singole fasi lavorative;•    riduzione di personale:•    fallimento di aziende edili ed affini anche del settore artigianoNon spetta, invece, ai lavoratori che si dimettono volontariamente (eccezion fatta soltanto per le lavoratrici in maternità);    ai lavoratori licenziati per motivi non contingenti all’azienda; agli extracomunitari con permesso di soggiorno stagionale;    ai lavoratori parasubordinati (lavoro a progetto, co.co.co., ecc.); agli apprendisti;    ai dirigenti; ai lavoratori titolari di pensione diretta; ai lavoratori licenziati per fine contratto a termine; ai lavoratori che vengono avviati al lavoro tramite somministrazione. Per il diritto alla disoccupazione speciale edile è necessario far valere i seguenti requisiti:•    almeno dieci contributi mensili o 43 contributi settimanali (due mesi e mezzo di lavoro) per lavoro prestato nel settore dell’edilizia nei due anni precedenti la data del licenziamento;•    dare la propria disponibilità a svolgere attività lavorativa presso i centri per l'impiego (tale ‘disponibilità’ ora non deve essere più resa, in quanto contenuta nelle dichiarazioni obbligatorie, le Co, che fanno i datori di lavoro).Da notare che, invece, non è richiesto il requisito del biennio di anzianità nell’assicurazione contro la disoccupazione che è presente sia per l’ex trattamento di disoccupazione ordinaria che per la nuova Aspi.La disoccupazione speciale edile non è la prestazione “alternativa” al trattamento ordinario di disoccupazione (oggi l’Aspi): è il lavoratore che può scegliere tra l’una o l’altra che, quando fa domanda di disoccupazione, è tenuto a precisare quale intenda percepire. La scelta è relativa soltanto ai primi 90 giorni, poiché è tanto che dura la disoccupazione speciale edile.Ma, tra le due, qual è quella più conveniente al lavoratore? La risposta l’ha fornita l’Inps nel messaggio n. 24694/2008. Al fine di consentire una scelta consapevole, ha scritto, i lavoratori interessati devono ricevere precise informazioni in relazione ai seguenti punti: •    in termini del tutto orientativi (pur nella imprecisione dovuta alle diverse basi di calcolo) il trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia è sempre più conveniente (anche sotto il profilo dell’importo della prestazione) per i lavoratori la cui retribuzione lorda mensile di riferimento (quella in base alla quale viene calcolata la prestazione) è inferiore a euro 909,42; •    per retribuzioni superiori alla predetta cifra (euro 909,42), il trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia, essendo soggetto a un massimale più basso, comporterà un importo della prestazione meno favorevole.  Con un interpello formulato al ministero del lavoro, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) ha chiesto chiarimenti sulla corretta applicazione della disciplina del trattamento di disoccupazione edile dopo l’entrata in vigore della riforma Fornero (legge n. 92/2012). Tale legge, nell’introdurre un sistema unico di protezione dalla disoccupazione involontaria (Aspi e mini-Aspi), ha abrogato molti trattamenti previgenti tra cui quello per l’edilizia. L’abrogazione tuttavia ha effetto dal 1° gennaio 2017; pertanto, la disciplina rimarrà pienamente operativa per i licenziamenti intervenuti fino al 30 dicembre 2016 (così l’Inps nella circolare n. 2/2013).L’Ance ha chiesto di sapere se risulta applicabile il punto 3 della Delibera Cipi del 19 ottobre 1993, che fissa in 40 unità il numero dei lavoratori licenziati cui applicare il trattamento di disoccupazione “nelle circoscrizioni che presentino un rapporto superiore alla media nazionale fra iscritti alla prima classe di collocamento e la popolazione residente in età da lavoro”.Il ministero ha risposto in senso affermativo, precisando che la disoccupazione speciale edile continua a operare in base alla disciplina vigente prima della legge n. 92/2012. Quindi in base alle regole della citata Delibera Cipi del 1993 e dal dm 14 gennaio 2003, che individua gli ambiti circoscrizionali che presentano un rapporto superiore alla media nazionale tra iscritti alla prima classe delle liste di collocamento e la popolazione residente, nei quali è possibile ricevere il trattamento speciale. Il dm in particolare fissa la predetta percentuale (rapporto) al 18,4% e contiene in allegato un elenco delle circoscrizioni territoriali che hanno un rapporto percentuale superiore. Pertanto, in assenza dell’emanazione di nuovi decreti, il ministero stabilisce che si possa continuare a ritenere ancora utili, ai fini della fruizione del trattamento speciale di disoccupazione edile, le predette condizioni, ossia l’appartenenza territoriale dell’azienda che effettua i licenziamenti a una circoscrizione con rapporto superiore al 18,4% e un numero di licenziamenti di almeno 40 unità a causa di gravi crisi dell’occupazione. A queste condizioni, i lavoratori licenziati fino al 30 dicembre 2016 continuano ad avere diritto al trattamento speciale di disoccupazione per l’edilizia.
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