sabato 28 ottobre 2017
L’economista vede un’Italia a tre polmoni: manifatture di successo, sociosanitario di qualità e cooperazione. Ma chiede anche all’Europa di fare la sua parte eliminando i paradisi fiscali
Becchetti: sulle «buone pratiche» aziendali il Mezzogiorno è all'avanguardia
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Leonardo Becchetti vede un’Italia a tre polmoni: manifatture di successo, sociosanitario di qualità, cooperazione… La presenta così, nell’auditorium della fiera di Cagliari, l’avanguardia scovata dai Cercatori di LavOro, cioè quelle 542 buone pratiche aziendali, amministrative e formative mappate dai volontari e concretizzate da 402 imprese «realmente sostenibili» e cioè che, oltre a essere caratterizzate dalla generatività necessaria a renderle «buone», sono anche in grado di stare sul mercato.

L’alternativa è un insuccesso virtuoso, che non produce il cambiamento sperato e non crea il «lavoro che vogliamo », come si dice alle Settimane Sociali. Becchetti ha presentato ieri mattina il progetto sostenuto da NeXt Nuova Economia X Tutti, Cei e del Progetto Policoro. Statisticamente, quella delle buone pratiche è un’avanguardia concentrata al Sud, dove si raccoglie il 42% delle realtà segnalate per la capacità di «creare valore economico e con esso posti di lavoro, di essere originali, riproducibili e poter documentare risultati nel tempo » ha spiegato, sottolineando come queste buone pratiche aiutino anche a «cambiare le narrazioni avvilenti sul lavoro».

Più nel dettaglio, la ricerca ha evidenziato imprese sostenibili che avviano imprese sociali locali, pratiche di conciliazione lavoro-famiglia, imprese del sociosanitario di massima qualità che rispondono alla domanda di generatività dei longevi, cooperative di reinserimento, realtà di servizio all’artigianato, iniziative per la valorizzazione di beni artistici, ecc. Lo sforzo che si sta facendo è quello di trasformare in impresa, mettendo in rete, una miriade di esperienze che si convergono sul piano etico ma oggi utilizzano strumenti tra loro molto diversi e seguono iter apparentemente lontani: dal welfare aziendale defiscalizzato alla finanza etica, dalla rigenerazione dei borghi… «Le produzioni made in carcere che stanno nascendo in Italia tra mille difficoltà – ha commentato Becchetti – riducono la recidiva del 70%». Gli ostacoli non sono soltanto burocratici: «le manifatture di successo che intendono rilocalizzare in questo Paese – ha detto ieri – stentano a trovare le professionalità adatte ».

L’Europa, ha aggiunto, può aiutarci, attraverso un’armonizzazione fiscale, che comprenda anche l’abolizione dei paradisi fiscali interni, tassando i giganti digitali, con una mutualità del debito «in un percorso progressivo che aumenti fiducia e meritevolezza di fiducia tra i Paesi membri, un focus esplicito sull’occupazione nelle politiche della Bce, rivedendo le politiche di globalizzazione e superando il Fiscal Compact, ma anche investendo di più… «Dobbiamo pensare anche le reti di protezione – ha commentato – che devono essere finalizzate al reinserimento della persona nel tessuto sociale ed economico».

Se si vuole veramente «invertire la rotta di un sistema che crea la corsa al ribasso sui costi del lavoro e ne distrugge la dignità», ha concluso l’economista cattolico, «bisogna stimolare l’informazione attraverso spazi espositivi disponibili ai cittadini, creare una labour dignity footprint per avviare un percorso simile a quello della carbon footprint e rimodulare le tasse sui consumi a costo zero per le finanze pubbliche premiando/ penalizzando le filiere ad alta/bassa dignità del lavoro». Se si vuole ridare dignità agli scartati, infine, occorre prevedere un finanziamento da 1,7 a 7 miliardi per raggiungere tutti coloro sotto soglia povertà, verificare l’efficacia delle misure sulla presa in carico, raggiungere una maggiore efficienza nell’analisi dei requisiti dei beneficiari e operare una valutazione dell’impatto sociale e della sostenibilità economica dei servizi di presa in carico ed inclusione.

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