martedì 22 ottobre 2013
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Niente da fare: i dipendenti pubblici non possono più rinviare il momento della pensione per restare in servizio fino a 70 anni di età. Professori universitari e magistrati (le categorie che più ricorrevano a questa facoltà), perciò, se hanno maturato un qualsiasi diritto ad una qualsiasi pensione entro il 31 dicembre 2011 ‘devono’ (è un obbligo) essere licenziati dalla pubblica amministrazione alla quale appartengono. Lo afferma il Dipartimento della Funzione pubblica nella nota prot. n. 41876/2013, spiegando che il decreto legge n. 201/2013 ha restituito validità alla circolare n. 2/2012 dello stesso dipartimento, annullata dal Tar del Lazio.
La questione è sorta qualche anno fa, nel 2012 per la precisione a seguito alla riforma delle pensioni operata dall’allora ministro de lavoro Elsa Fornero (da cui ha poi preso il nome). Il dl n. 201/2011 (convertito dalla legge n. 214/2011 appunto la riforma Fornero), tra le varie novità, ha introdotto un generale innalzamento dei requisiti per andare in pensione operativi a partire dal 1° gennaio 2012. Con riferimento al settore del pubblico impiego, tuttavia, ha previsto una deroga riconoscendo la possibilità di andare in pensione con i vecchi requisiti (cioè con tutte le regole vigenti prima della riforma Fornero) ai dipendenti pubblici che abbiano maturato (appunto) i vecchi requisiti per avere la pensione entro il 31 dicembre 2011. La deroga è stata illustrata dalla Funzione pubblica nella citata circolare n. 2/2012 condivisa con i ministeri del lavoro, dell’economia e della p.a., nonché con l’Inps. Dalla deroga, la circolare aveva tratto l’obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni  di collocare a riposo, a partire dall’anno 2012, al compimento di 65 anni (limite ordinamentale, cioè età massima di permanenza in servizio fissata per i ‘pubblici’), i dipendenti in possesso nell’anno 2011 di uno dei seguenti vecchi requisiti per la pensione: a) massima anzianità contributiva (40 anni); oppureb) quota 96; oppure c) un qualunque altro requisito per ottenere una pensione.
In tal modo veniva implicitamente abrogata la facoltà della permanenza in servizio oltre i 65 anni e fino a 70 anni, facoltà prevista per i dipendenti pubblici in deroga al limite di età ordinamentale. Successivamente però la circolare è stata oggetto di contenzioso ed annullata dal Tar del Lazio che, con la sentenza n. 2446/2013, ha riabilitato la facoltà per i dipendenti pubblici di restare in servizio fino a 70 anni d’età.
A mettere la parola fine ci ha pensato adesso il decreto legge n. 101/2013, come afferma anche la Funzione pubblica nella nota in esame con cui risponde a un quesito della regione Veneto. Afferma infatti che il decreto legge n. 101/2013 dà l’interpretazione autentica alla deroga della riforma Fornero delle pensioni con la duplice conseguenza di riabilitare, da un lato, le indicazioni e la circolare n. 2/2012 e di far decadere, dall’altro, il dispositivo della sentenza Tar del Lazio. Il decreto legge n. 101/2013 stabilisce che la deroga della riforma Fornero va interpretata nel senso che «per i lavoratori dipendenti delle p.a. il limite ordinamentale (…) costituisce limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione».
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