domenica 12 dicembre 2021
Annunci sensazionalistici a parte, è un obbligo adeguarsi alle scelte europee. Ma ci sono perplessità motivate sui tempi della transizione all'elettrico
Stop ai motori termici dal 2035, la posizione italiana resta ambigua
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Ha occupato parecchio spazio sugli organi di informazione in questi giorni la notizia che annuncia lo stop in Italia alla produzione di auto a combustione tradizionale (diesel e benzina) a partire dal 2035, figlia di un sensazionalismo sempre più marcato quando si tratta di temi sensibili come questo. In realtà non si tratta di una notizia e neppure di una novità, visto che una decisione in tal senso è stata presa dalla Commissione Europea molto tempo fa e che l’Italia sarà comunque obbligata ad adeguarsi. In realtà il comunicato del Ministero della transizione ecologica che ha generato molti titoli a effetto, fa riferimento solo a un’indicazione di massima emersa dal gruppo di lavoro del Cite, il comitato interministeriale composto dai ministri Giovannini, Giorgetti e Cingolani, e non è comunque una decisione ufficiale che spetta invece ovviamente al Parlamento.

La posizione italiana, almeno a livello di intenzioni, resta comunque abbastanza ambigua. In particolare sono i tempi di questa rivoluzione a spaventare, (e la radicalità della decisione europea che bandirà a partire dalla stessa data anche tutti i motori a gas e persino quelli ibridi), specie in assenza di alternative attualmente praticabili, visto che la mobilità elettrica al momento resta ancora di nicchia nel nostro Paese sia a livello di immatricolazioni reali sia a livello di infrastrutture di ricarica. Ne è la prova il fatto che l’Italia, insieme ad altre nazioni, alla recente Cop 26 di Glasgow non ha firmato alcun impegno sulle vetture esclusivamente a batteria. E che lo stesso comunicato interministeriale che annuncia lo stop alla immatricolazione di nuove auto con motore a combustione entro il 2035, rimanda al 2040 la data di entrata in vigore del provvedimento per i furgoni e i veicoli commerciali leggeri. In più, considerando il valore per l'Italia di comparti industriali come la Motor Valley emiliana e di costruttori di lusso come Maserati e Lamborghini, l'intenzione è di chiedere ulteriori deroghe alla Commissione Europea per determinati soggetti. Deroghe che, in linea di principio, l'Europa non potrà concedere.

L’orientamento ufficiale del governo italiano, peraltro obbligatorio come abbiamo già detto, è però in linea con la politica volta alla transizione ecologica e l’abbandono dei motori termici a favore di quelli elettrici, una delle soluzioni considerate inevitabili per contribuire alla decarbonizzazione anbientale e avvicinare gli obiettivi ecologici fissati dall’Unione Europea. Una rivoluzione necessaria, ma che non sarà indolore. Il responsabile del Mise, Giancarlo Giorgetti, ha ricordato che la scelta di andare verso l’auto elettrica ha una conseguenza già stimata per quanto riguarda l’occupazione, sottolineando che quel tipo di vetture necessitano una manodopera numericamente molto ridotta rispetto a quelle tradizionali: “Oltre la metà della filiera del motore a combustione non lavorerà più in quel settore”, ha ricordato il ministro. Questo non significa necessariamente una perdita automatica di posti di lavoro, perché l’elettrificazione apre comunque a nuove professionalità. Ma l’Anfia stimato 60mila posti a rischio nel settore entro il 2035, e 5mila già oggi.

Il Comitato interministeriale con una nota ha comunque sottolineato che per il percorso della transizione ecologica “occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti, in una logica di neutralità tecnologica che oltre all’elettrico valorizzi le potenzialità dell’idrogeno e riconoscendo il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, settori in cui l’Italia sta costruendo una filiera domestica all’avanguardia”.



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