lunedì 18 maggio 2009
Polemiche e proposte il giorno dopo la diffusione della classifica pubblicata dall'Ocse dei salari nei Paesi industrializzati, che vede l'Italia al 23° posto su 30. E il ministro del Welfare propone una legge per legare le retribuzioni ai risultati dell'azienda, con possibile partecipazione degli stessi lavoratori all'azionariato.
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Polemiche e proposte il giorno dopo la diffusione della classifica pubblicata dall'Ocse dei salari nei Paesi industrializzati, che vede l'Italia tra gli ultimi posti.In effetti la busta paga degli italiani risulta tra le più leggere tra quelle non solo dei grandi Paesi industrializzati ma anche nell'eterogeneo mondo dei Paesi Ocse. Sui trenta paesi che fanno riferimento all'organizzazione di Parigi, l'Italia, con un salario medio annuo netto di 21.374 dollari si colloca al 23/o posto. Davanti, in termini di salari, ci sono non solo Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia ma tutti i Paesi europei, fatta eccezione del Portogallo e dei paesi dell'Allargamento. Mediamente dunque il salario medio di un italiano non arriva a 16.000 euro l'anno, poco più di 1.300 euro al mese.I dati sono contenuti nel Rapporto dell'Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato dalla stessa organizzazione di Parigi. L'Italia non 'schioda' dalla coda della classifica dei salari: anche lo scorso anno era infatti al ventitreesimo posto, considerati gli stessi parametri di confronto.Gli italiani nel 2008 hanno guadagnato mediamente il 17% in meno della media Ocse. Salari penalizzati anche se il raffronto  viene fatto con la Ue a 15 (27.793 di media) e con la Ue a 19 (24.552). I dati si riferiscono al salario netto medio di un lavoratore single senza carichi di famiglia. È espresso in dollari e a parità di potere d'acquisto, includendo cioè la dinamica dei prezzi interna a ciascun Paese. L'Italia riesce a scalare una posizione, e collocarsi dunque al 22/o posto se si considera il salario al lordo.A pesare negativamente sulle buste paga degli italiani è anche il cuneo fiscale, che calcola la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore. Il peso di tasse e contributi, sempre per un lavoratore dal salario medio, single senza carichi di famiglia, è del 46,5%. In questa classifica l'Italia risulta infatti al sesto posto tra i trenta paesi Ocse. Più leggero è il drenaggio di imposte e versamenti contributivi se si esamina il caso di un lavoratore, sempre con un salario medio ma sposato e con due figli a carico. In questo caso il cuneo è al 36% e l'Italia scivola qualche posizione sotto collocandosi all'undicesimo posto nell'Ocse (partendo sempre dai Paesi dove massimo è il peso fiscale sulle buste paga).In pratica un italiano in un anno guadagna mediamente il 44% in meno di un inglese, il 32% in meno di un irlandese, il 28% in meno di un tedesco, il 18% in meno di un francese. Solo sette i Paesi con salari inferiori: Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Polonia, Repubblica Slovacca, Ungheria e Messico, fanalino di coda e unico Paese nell'Ocse, quello americano, dove il salario netto annuale non arriva neanche e a 10.000 dollari l'anno.Per il segretario generale dell'Ugl, Renata Polverini "i dati non sorprendono e serve una riforma fiscale". Sulla stessa linea d'onda l'associazione dei consumatori Codacons: "sui salari degli italiani pesa il caro-vita e per questo è necessaria "una detassazione degli stipendi". Per il responsabile economico del Pd Cesare Damiano "i dati Ocse testimoniano che le retribuzioni nette dei lavoratori italiani sono ben al disotto della media dei 30 paesi più industrializzati. Questo dimostra quanto sarebbe necessario un intervento del governo, con risorse fresche e aggiuntive per potenziare il potere d'acquisto delle retribuzione e delle pensioni". Se Paolo Ferrero del Prc parla di "dati scioccanti", Daniele Capezzone del Pdl rileva: "Il governo Berlusconi sta facendo i conti con una fase delicata a livello internazionale, e, ciononostante, non ha messo le mani nelle tasche degli italiani".Per il ministro del Welfare Sacconi, secondo cui la situazione salariale è figlia delle vecchie contrattazioni, per uscire dalla crisi e rilanciare i salari è giunto il momento di legare le retribuzioni ai risultati, favorendo la partecipazione dei lavoratori all'impresa e al suo azionariato. Lo propone il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che annuncia: "Entro quest'anno" la proposta può diventare legge.Sacconi spiega:  "Noi pensiamo che la partecipazione al rischio di impresa non possa avere solo un profilo negativo, come è stata finora. Si devono trovare  forme di partecipazione che consentano ai lavoratori di riflettere nel proprio salario la parte positiva del rischio dell'impresa. E devono essere parti importanti della retribuzione". Anche con forme di azionariato dei dipendenti? "Anche. Ma devono essere le parti sociali a scegliere azienda per azienda".Sacconi osserva che in Senato c'è già un disegno di legge presentato dal senatore del Pdl Maurizio Castro d'accordo col governo: "C'è un testo unificato con un'analoga proposta di Treu e il relatore è Ichino. Noi la sosteniamo, può diventare legge in tempi relativamente brevi, entro quest'anno".
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