mercoledì 4 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Tabellini: cambiare lo Statuto Bce. E dalla crisi migranti può venire lo choc che serve enso che ci aspetta purtroppo un lungo periodo di stasi economica, con una crescita bassa per gli anni a venire». C’è scetticismo nelle parole di Guido Tabellini, economista prestigioso. L’ex rettore dell’università Bocconi affida le sue speranze a una prospettiva non molto positiva: «Può darsi che abbiamo bisogno di altre crisi per darci una mossa. O forse per rompere tutto...». La Commissione di Bruxelles, intanto, vede proseguire una crescita 'moderata', in Italia ancor più che in Europa. C’è di che preoccuparsi? A questi ritmi diventa sempre più difficile fermare la crescita del debito pubblico. Questo vuol dire soprattutto che è sempre più imperativo che le misure di politica economica siano scelte in base all’efficacia nel produrre crescita, più che consenso popolare. Misure come il bonus da 500 euro ai giovani e anche il taglio delle tasse sulla casa hanno impatto limitato, servirebbe un piano di riduzione fiscale molto più consistente. Il ministro Padoan sembra preoccupato: dice che l’addio a Schengen sarebbe più pericoloso anche della crisi dell’euro. Cosa ne pensa? È un po’ un’esagerazione, ma sicuramente la fine di Schengen rafforzerebbe i timori di disintegrazione o di un’Europa a due velocità, con il Sud del continente che sarebbe fra gli esclusi. Il pericolo di altre crisi è proprio che porti a una soluzione simile. Di per sé potrebbe essere anche positivo: in fondo finora siamo andati avanti per gradi, con stati di maggior integrazione che nascevano come risposte a delle crisi sorte. L’area in cui oggi gli svantaggi della costruzione europea sono più evidenti è quella della politica estera e dell’immigrazione, dove rischiamo di darci la zappa sui piedi. È da qui, quindi, che può venire la spinta per nuovi passi avanti. Ora c’è però il problema aggiuntivo che la pubblica opinione comincia a chiedere meno Europa. Siamo in una situazione davvero intricata, dunque? Mi pare che a questo punto possa essere sbloccata solo superando le obiezioni politiche di alcuni Paesi e prendendo una posizione forte nelle istituzioni comunitarie. I nodi sono sotto gli occhi di tutti. Una parte importante, anche se non tutti, è anche messa per iscritto nel rapporto dei 5 presidenti (quelli di Consiglio e Commissione Ue, Eurogruppo, Bce e Parlamento europeo, ndr). Quali sono i difetti principali di questa Europa? Manca innanzitutto una strumentazione di politica fiscale. Quando i tassi d’interesse sono a zero e i prezzi idem la politica monetaria perde efficacia, non può essere la Banca centrale europea a salvare l’eurozona. Anche per il futuro è molto più probabile continuare a trovarsi con una situazione di tassi a zero, rispetto a quello che immaginavamo prima della crisi. E la deflazione è un rischio più subdolo dell’inflazione, ostacola il rientro dal debito e il recupero di competitività dei Paesi del Sud Europa. La mancanza di un livello unitario di politica fiscale è perciò un grave handicap. Altri limiti? La sfida principale resta la carenza di domanda aggregata. Mancano però strumenti anche per far fronte a nuove crisi finanziarie. Le risorse e le modalità d’indirizzo dell’Esm (il Fondo salva-stati, ndr) sono molto restrittive e questo rende ancora difficile l’operazione di condivisione dei rischi. E quest’ultimo è un altro nodo, specie per Berlino. Bisogna anche porsi nella prospettiva dei Paesi del Nord, tuttavia. Nella loro mentalità c’è una mancanza di fiducia, si pensa che gli stati più deboli del Sud approfittino di una maggior condivisione per trasferire i rischi. Non sono timori ingiustificati, perché non c’è dubbio che i principali beneficiari saremmo noi. Per questo è uno stallo comprensibile. La via d’uscita da dove passa, in conclusione? Occorre porsi l’obiettivo di rivedere lo Statuto della Bce, ormai troppo datato rispetto ai mutati tempi. È eccessiva l’enfasi attribuita all’obiettivo - quasi esclusivo - della stabilità dei prezzi. Una rivisitazione sarebbe auspicabile per aggiornarsi alle nuove sfide. E poi? Il modo per raggiungere un compromesso sarebbe quello di lavorare al ministro delle Finanze europeo unico, basato però su una qualche legittimazione democratica, e di attribuirgli poteri politici reali: quindi un veto sui bilanci nazionali, per garantire il rispetto dei saldi. Oggi è però un discorso ancora un po’ avveniristico. Al momento non ci sarebbe consenso, non lo vedo fattibile. Auspica un coinvolgimento della Bei per un rilancio degli investimenti? Si può pensare a dei titoli emessi dalla Bei - anziché dai singoli Stati - e acquistati dalla Bce. Potrebbe essere una strada da esplorare, ma anche questa oggi è poco plausibile. Lei ha teorizzato il cosiddetto 'helicopter money', con la Bce che potrebbe decidere di stampare più moneta trasferendola direttamente ai cittadini. Anche qui, però, il presidente della Bundesbank Weidmann ha detto che è un’ipotesi impraticabile. Per ora temo di sì. Ripeto: c’è una divergenza molto forte e una caduta di fiducia reciproca fra Nord e Sud d’Europa. Purtroppo i Paesi si sono allontanati, ci sono visioni del mondo troppo diverse. Bisogna recuperare un forte spirito europeo per arrivare a un’azione politica coordinata. Altrimenti… © RIPRODUZIONE RISERVATA Guido Tabellini DIBATTITO Partendo dall’analisi del già governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, pubblicata in due puntate su Avvenire martedì 22 e mercoledì 23 marzo, continua il confronto sui problemi dell’economia europea e, in tale contesto, sulle sfide per quella italiana.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: