sabato 9 febbraio 2019
Il fundraising è uno strumento di crescita, che deve essere utilizzato per aumentare il valore e la profittabilità e non per compensare il costo di strutture troppo grandi o per reclutare talenti
Ecco i consigli per avere successo
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Oggi tutti raccolgono finanziamenti. Nel settore tecnologico è quasi diventato un prerequisito minimo quando si lancia un’attività. Già in fase di creazione di un prodotto, uno dei founder tende ad occuparsi di raccogliere finanziamenti, attività alla quale dedica la maggior parte del suo tempo. Tuttavia, per una start up esistono alcuni rischi legati ad un fundraising precoce. Sono sempre più numerose le newsletter che spiegano come fare fundraising, che illustrano il metodo migliore per trovare investitori. Spesso, però, società che hanno portato avanti un buon programma di fundraising in poco tempo finiscono per non esistere più, assorbite dagli investitori e rivendute ad un’altra società. Spesso si parla di crescita del giro d’affari, ma mai di profittabilità. Un po’ come se fare profitto non fosse più una priorità. Quante start up si vedono raccogliere finanziamenti ancor prima di consolidare le basi dei loro prodotti? Esistono numerose ragioni per cui andare alla ricerca di questo tipo di investimenti. Tuttavia, esistono anche alcuni pericoli nell’iniziare un programma di fundraising troppo presto.

Toucan Toco illustra i cinque consigli fondamentali per il successo di una start up. Il pericolo più grande? A sorpresa, puntare troppo sul fundraising:

1) Considerare la raccolta di finanziamenti come un mezzo, non un fine. È quindi importante sfruttarla come strumento di crescita, da utilizzare per aumentare il valore e la profittabilità e non per compensare il costo di strutture troppo grandi, per reclutare talenti super qualificati o per sostenere un business model inefficace.
2) Non ricorrere al fundraising per battere la concorrenza. Secondo uno studio di Kerry Jones su oltre 150 start up che sono fallite, tra quelle che hanno raccolto più di 10 milioni il 19% afferma di aver fallito a causa di una concorrenza troppo forte: è evidente che il loro business model fosse troppo simile ad altri già presenti sul mercato. Il fundraising non è quindi la chiave di differenziazione sul mercato, che si può invece ottenere con una costante innovazione.
3) Non fare il passo più lungo della gamba. Lo stesso studio ha anche evidenziato che il 30% delle startup non ha avuto successo a causa della mancanza di finanziamenti supplementari: è fondamentale non perdere mai di vista la situazione finanziaria della propria attività e affrontare investimenti realistici.
4) Dedicare tempo allo sviluppo del prodotto. Dedicarsi al fundraising può richiedere molto tempo, che non bisogna però sottrarre allo sviluppo della propria idea per non rischiare di rimanere con un prodotto non concorrenziale e non profittevole quando i finanziamenti si esauriscono.
5) Collaborare con gli investitori. Uno studio di CBinsights su 1.098 startup ha rivelato che meno della metà è riuscita a ottenere un secondo round di finanziamenti. Per non rischiare di essere acquisiti dopo il primo round e continuare quindi con profitto e soddisfazione la propria attività, gli startupper devono sapere collaborare a lungo termine con gli investitori, mettendo il luce e sviluppando il valore della propria idea.





IL FUNDRAISING È UN MEZZO, NON UN FINE
Può sembrare ovvio, tuttavia sembra che non si valuti più il successo di un’azienda in base alla riuscita del suo business model. Si tende a diventare un imprenditore di successo quando si raccolgono molti finanziamenti, ma è un peccato. Il fundraising non é mai un fine, ma un mezzo: è uno strumento per andare più veloce e non un fattore di successo. Chiedete a Jawbone, che ha raccolto quasi 1 miliardo di dollari, che è stata valutata a diversi miliardi e che nel 2017 ha chiuso bottega. Il loro business model non era più focalizzato nel vendere il loro prodotto, bensì nell’ottenere nuovi finanziamenti. Questa strategia è durata 17 anni, fin quando è stata penalizzata dalla mancanza di redditività. L’errore commesso dai giovani imprenditori è quello di pensare che si potrebbe fare di più con un budget più alto. Generalmente, se non si riesce a realizzare un progetto con i mezzi che si hanno a disposizione, significa o che non è il momento giusto, o che non sarebbe utile. In effetti, non sarebbe qualche milione in più a rendere il prodotto o il servizio più virale, più accattivante o più interessante per gli utenti. Il fundraising è uno strumento di crescita, che deve essere utilizzato per aumentare il valore e la profittabilità e non per compensare il costo di strutture troppo grandi, per reclutare talenti super qualificati o per sostenere un business model inefficace. Questo non si applica, tuttavia, a quei settori che necessitano di grandi investimenti iniziali, come l’industria farmaceutica, la ricerca, il settore manifatturiero eccetera.

NON FARE FUNDRAISING PER BATTERE LA CONCORRENZA
Una startup nasce per risolvere problemi che altre aziende non hanno ancora affrontato, perciò ha senso quando offre qualcosa di nuovo, che non esiste ancora sul mercato. Se un’azienda deve correre a raccogliere finanziamenti per battere la concorrenza velocemente, allora il suo prodotto non è rivoluzionario. In questo caso, sarebbe forse meglio guardarsi attorno e cercare un altro ecosistema che non abbia concorrenza. Le start up che raccolgono finanziamenti falliscono per la mancanza di fondi in numero maggiore rispetto alle società autofinanziate. Kerry Jones, una ricercatrice marketing di Fractl, ha analizzato i dati storici di oltre 150 start up che sono fallite (nel settore questo viene chiamato “post mortem”), osservando due trend principali. Il primo è che le start up che raccolgono finanziamenti finiscono con il fallire a causa della mancanza di finanziamenti supplementari: si tratta all’incirca del 30% delle start up analizzate. Inoltre, tra le start up che hanno raccolto più di 10 milioni, il 19% afferma di aver fallito a causa di una concorrenza troppo forte. È quindi evidente che il loro business model fosse troppo simile ad altri già presenti sul mercato. Tech Crunch ha realizzato una top ten delle 10 start up più finanziate (per un totale di oltre 1,7 miliardi di dollari) che sono poi fallite. Va evidenziato che i motivi per cui tali startup non hanno avuto successo non riguardano invece le start up autofinanziate.

IL FUNDRAISING PUÒ ALLONTANARE GLI STARTUPPER DAL LORO PRODOTTO
Quando una start up viene lanciata, il suo founder deve avere un ruolo attivo per far migliorare il prodotto, il business e favorire la crescita. Il fundraising, benché rientri in questo ambito, non gli lascia il tempo necessario per fare in modo che il suo business model sia in linea con le esigenze del mercato. Per rientrare nel successivo round di finanziamenti, alcune start up si concentrano sulle metriche di crescita al fine di convincere i potenziali investitori. Il rischio è quello di focalizzarsi soltanto su questi indicatori allo scopo di ottenere maggiori investimenti, finendo per perdere l’obiettivo: concentrarsi sulla generazione di profitto e sulla ricerca di un business model efficiente. La maggior parte delle start up nascono con un piccolo team di meno di 4 persone: assegnare ad una di queste il compito di concentrarsi esclusivamente sulla questione degli investimenti é un fattore non trascurabile per lo sviluppo del business. Se uno dei founder non produce, si tratta di una perdita reale. Anche dal punto di vista personale, dedicare tempo alla raccolta di finanziamenti farà di uno startupper un migliore fundraiser, ma non un migliore ceo. Trascorrere troppo tempo al di fuori della propria attività quando il prodotto non è ancora stabile porta l’azienda nella direzione sbagliata.

LA DIPENDENZA DA FUNDRAISING È POSSIBILE
CBinsights, un istituto di ricerca sui venture capital, ha condiviso uno studio interessante sulle 1098 start up che hanno raccolto finanziamenti tra il 2008 e il 2010 negli Stati Uniti. Circa la metà (46%) ha beneficiato di almeno due round di finanziamenti. Ancora più incredibilmente, il 28% delle aziende che hanno ottenuto finanziamenti sono state acquisite o hanno fatto un’Ipo. Queste cifre sono significative, poiché rivelano che dopo il finanziamento agli investitori non interessa dare alle startup la possibilità di far crescere la loro attività autonomamente, ma vogliono invece risultati concreti. Ed è normale. Nel caso di un secondo round di finanziamenti, le loro azioni acquisteranno ancora più valore e, se vengono effettuati un’acquisizione o un’Ipo, avranno un ritorno sull’investimento importante. Il fundraising implica una collaborazione a lungo termine, non è semplicemente un aumento del flusso monetario. Lo startupper non è più al comando della sua nave, ma deve rispondere a specifiche aspettative dal punto di vista delle assunzioni, delle spese marketing e di aumento del giro d’affari. Gli investitori sono legati a doppio filo all’azienda.

RACCOGLIERE FINANZIAMENTI PER ACCELERARE LA CRESCITA
Il fundraising non deve sostituirsi a un modello di redditività. Una start up che non ha basi adatte e consolidate per avviare la sua attività non dovrebbe raccogliere finanziamenti. È invece consigliabile aspettare, testare il prodotto sul mercato e costruire un team efficace. Una crescita organica e controllata, per esempio, non impedisce di raddoppiare il giro d’affari ogni anno e di arrivare ad avere un team di 50 persone in tre anni. Una struttura organizzata può consentire di crescere più velocemente che raccogliendo finanziamenti. La capacità di un’azienda di trovare clienti e sviluppare strategie solide di pricing, commercializzazione e profittabilità, senza ricorrere a finanziamenti dimostra che le basi dell’azienda sono solide e che ci sono le capacità per far crescere esponenzialmente eventuali investimenti. Il fundraising è una collaborazione e, come in tutte le collaborazioni, sono le persone che contano. È necessario definire una strategia che risponda alle proprie necessità. Quando si cercando finanziamenti e investitori che prendano parte agli aspetti operativi, è necessario che le giovani startup siano sulla stessa lunghezza d’onda con loro. La scelta non deve basarsi esclusivamente sull’importo dell’investimento, ma soprattutto sulla qualità della collaborazione, sull’intesa tra i founder e l’investitore, sulla condivisione di una visione e di un’ambizione comune. La strategia può essere quella di rivendere due anni più tardi o di costruire una grande storia come quelle di Airbnb e Facebook. In questi casi, verrà fatta una scelta diversa in termini di partnership. Esiste una sola regola: fare con calma, per fare più in fretta dopo.

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