giovedì 16 giugno 2016
Secondo il rapporto Unioncamere-Mediobanca cresce anche la base occupazionale: +11% dal 2005, quando la manifattura ha dovuto invece ridurre gli organici del 6,5%.
Sono le medie imprese a spingere la crescita
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Crescono a ritmo più sostenuto rispetto alle altre realtà produttive, competono ad armi pari con la concorrenza tedesca e rappresentano un segmento in cui il Sud va alla stessa velocità del resto d’Italia. Questi alcuni degli elementi che emergono dall’Indagine annuale, realizzata da Mediobanca e Unioncamere, che fa luce sulla ripresa e sulla competitività di 3.283 medie imprese manifatturiere italiane, che assicurano il 16% circa del valore aggiunto e delle esportazioni dell’industria italiana.Le medie imprese hanno chiuso il decennio 2005-2014 con una crescita del fatturato pari al 35%, più del doppio rispetto alla manifattura (+14%). Neanche nell’acme della crisi (2009) il fatturato è sceso sotto i livelli iniziali (+9% sul 2005). Risultati possibili grazie al forte presidio dei mercati esteri, dove le medie imprese hanno realizzato nel decennio una progressione del 63% contro il 42% della manifattura. Ma appare encomiabile anche la tenuta sul mercato domestico (+20% sul 2005).Cresce anche la base occupazionale, +11% dal 2005, quando la manifattura ha dovuto invece ridurre gli organici del 6,5% sostenuta dalla forte espansione della ricchezza generata: +36% il valore aggiunto delle medie imprese sul 2005. Dal 2009 la struttura finanziaria si è inoltre irrobustita, con debiti finanziari in calo dal 93% dei mezzi propri al 69% nel 2014.«Dopo il 2009, l’anno "nero" della crisi – ha spiegato Ivan Lo Bello, presidente di Unioncamere – le medie imprese hanno ripreso la strada della crescita. Alla base di questi successi c’è il modello delle filiere e delle reti d’impresa che ha caratterizzato la storia del nostro made in Italy e che, anche oggi, è la sua carta vincente. Inoltre la vocazione internazionale di queste aziende ha le radici nella capacità di stringere accordi strategici con altre imprese italiane e straniere e non su percorsi di delocalizzazione all’estero che spesso non portano i frutti sperati. Per questo hanno puntato in modo innovativo sull’Industria 4.0, attraverso gli elementi chiave del loro successo: basso utilizzo di capitale, flessibilità, personalizzazione, vicinanza al consumatore».Proprio tra il 2005 e il 2014 i principali settori delle medie imprese hanno messo a segno incrementi nel valore aggiunto. In particolare: la pelletteria e accessori (+52%), l’alimentare (+50%), il chimico-farmaceutico (+45%) e la meccanica (+42%). Una piacevole e inedita sorpresa arriva dalle medie imprese del Mezzogiorno. Sebbene meno numerose, vanno quantomeno alla stessa velocità di quelle italiane: valore aggiunto +34% sul 2005, esportazioni +85%, occupazione +10%.La crisi, tuttavia, ha generato una selezione severa: le imprese più "meritevoli" hanno ridotto la propria rischiosità del 20% circa. Per contro, quelle già in relativo affanno hanno subìto un forte aumento della propria rischiosità, più che raddoppiata.Intanto Italia e Germania, in occasione del X Forum economico italo-tedesco, hanno sottolineato come la collaborazione tra i due Paesi sia strategica per affrontare le sfide della quarta rivoluzione industriale. Per Erwin Rauhe, presidente della Camera di commercio italo-germanica, «in Italia le condizioni per lo sviluppo economico stanno migliorando e la fiducia delle imprese tedesche nel mercato italiano cresce di conseguenza. Queste condizioni favorevoli ci spingono a investire sempre più nella cooperazione economica tra i due Paesi».
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