sabato 10 marzo 2012
A Noventa di Piave (Venezia), un artigiano di 60 anni, sposato, una figlia, si è impiccato, lasciando una lettera. A Marina di Ginosa (Taranto) un commerciante sessantenne, sposato, tre figli, si è tolto la vita, perché la banca gli aveva negato un prestito.
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Altri due suicidi, uno in Veneto e l’altro in Puglia, collegabili ai problemi finanziari in cui rischiano di affogare gli operatori economici, soprattutto quelli piccoli, per via di crediti e prestiti negati. A Noventa di Piave (Venezia), un artigiano di 60 anni, sposato, una figlia, si è impiccato, lasciando una lettera - secretata dalla magistratura - in cui cerca di motivare il suo gesto. Il corpo di Ivano Polita è stato trovato nel capannone dell’azienda, una felgnameria. E parlando con i più stretti collaboratori sono emerse le difficoltà incontrate dall’artigiano per incassare i crediti in tempi congrui. Questa è una parte della spiegazione, l’altra è di carattere personale. Come spesso si è riscontrato negli oltre 50 suicidi avvenuti negli ultimi tre anni nelle aziende del Triveneto: problemi rilevanti di depressione acuiti dal disagio di far fronte agli impegni economici, in particolare verso i dipendenti, proprio per i ritardi nei pagamenti delle commesse.A Marina di Ginosa (Taranto) un commerciante sessantenne, sposato, tre figli, si è tolto la vita, probabilmente soffocato dall’indebitamento che non riusciva a superare perché la banca gli aveva negato un prestito. Vincenzo di Tinco ha spiegato i motivi del gesto estremo in un memoriale: poche ore prima di impiccarsi, aveva chiesto in banca un prestito di 1.300 euro per coprire un assegno consegnato a un fornitore del suo negozio di abbigliamento. L’istituto di credito, col quale aveva avviato un contenzioso per un addebito, forse errato, di 4.500 euro di commissioni bancarie, l’avrebbe però negato.Due tragiche vicende che smentiscono la convinzione diffusa nel Nordest che il drammatico fenomeno abbia esclusive radici in queste terre e, in particolare, responsabilità diretta in uno Stato definito strozzino. I problemi ci sono ma, come è stato detto recentemente, gli eroi non sono coloro che si tolgono la vita, ma coloro che resistono. È pur vero, come afferma Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, che «è giunto il momento che le parti sociali, la politica e tutti i soggetti attivi facciano quadrato e affrontino con determinazione questo dramma sociale». «Quando famiglia e impresa sono tutt’uno, come qui nel Veneto - prosegue Bortolussi -. Non c’è più nessuna distinzione di ruoli. Piccoli imprenditori e i loro lavoratori dipendenti sono la stessa cosa: il dramma e le difficoltà degli uni è condiviso anche dagli altri».«Noi non possiamo pagare i fornitori», protesta Luca Zaia, governatore del Veneto, denunciando gli effetti del patto di stabilità. E spiega: «La Regione ha un miliardo e 350 milioni di euro bloccati in tesoreria e al tempo stesso molti fornitori che attendono di essere pagati per prestazioni già fornite. Questo stato di cose ci crea non poco imbarazzo, in un territorio nella quale, purtroppo, alcuni imprenditori si tolgono la vita all’interno delle loro aziende». «Ho grossi dubbi - conclude il governatore - che nelle altre parti d’Europa la normativa comunitaria sul patto di stabilità si applichi così rigidamente come da noi e succede così che qualcuno muoia non per aver contratto debiti, ma per non riuscire a riscuotere i crediti. Questa situazione non è più sostenibile».
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