venerdì 28 ottobre 2016
Una ricerca del Politecnico ribadisce una verità che solo i Comuni fingono di ignorare. A Milano poi è beffa totale per le vetture a gas, ora considerate inquinanti
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E’ questione di giorni, forse di ore. Ma non appena i livelli di smog torneranno a far impazzire le centraline di rilevamento, ricomincerà la solita stucchevole polemica contro le automobili, prime responsabili nell’immaginario collettivo dell’inquinamento nelle grandi città. Pochi avranno l’onestà intellettuale di ricordare che ogni anno i livelli di guardia si superano solo dal momento in cui – avvicinandosi l’inverno – iniziano ad entrare in funzione gli impianti di riscaldamento. E che nelle stagioni in cui le caldaie sono spente circola lo stesso numero di vetture senza che la qualità dell’aria che respiriamo sia così pestifera.

Che il principale problema non sia rappresentato dalle automobili, ma dalle migliaia di vecchie caldaie e di impianti non a norma lo hanno dimostrato i famigerati (e fallimentari) blocchi del traffico attuati in molte città in questi anni. A smentire le politiche delle amministrazioni, sempre più spesso inclini a demonizzare le quattro ruote, sono numerosi e autorevoli studi, ai quali si è da poco aggiunta l'ultima ricerca del Politecnico di Milano, pronta a fornire l'ennesima conferma: secondo gli esperti dell'ateneo, infatti, i riscaldamenti inquinano il triplo rispetto alle vetture.

La ricerca, presentata nei giorni scorsi al Forum Energia di Milano, parte da un dato di fatto: negli ultimi vent’anni, le polveri sottili generate dal trasporto su gomma sono calate del 60% grazie al “ricambio generazionale” delle motorizzazioni e alle nuove tecnologie. Al contrario, il particolato emesso dalle caldaie (in particolare il pericoloso Pm 2.5) è addirittura raddoppiato. Insomma, il rapporto tra riscaldamenti e veicoli è di tre a uno, e questo senza prendere in considerazione furgoni, tir e camion, notoriamente più inquinanti delle auto. I numeri sono davvero impietosi: secondo il Politecnico, le case italiane producono il 50% della Co2 presente in atmosfera e fino al 30% di polveri sottili, sono vetuste (il 55% degli edifici ha più di 40 anni, ma nelle grandi città si arriva al 75%) e moltissime presentano una classe energetica bassissima: il 56% degli edifici si trova in classe G, mentre solo il 2% può vantarsi di essere in A.

In particolare, lo studio andrebbe recapitato al Comune di Milano, in prima fila nelle politiche anti-auto: stando al Politecnico, rinnovare i vecchi impianti dei 20 capoluoghi regionali italiani permetterebbe di ridurre le emissioni in atmosfera dal 10 al 50%, mentre a Milano basterebbe sostituire il 10% delle caldaie più vecchie per ottenere effetti pari a quelli di un blocco del traffico di sei settimane. Numeri su cui si dovrebbe meditare, invece di sfornare soluzioni demagogiche a ripetizione: l’ultima, in ordine di tempo, è la batosta riservata alle vetture a metano e a Gpl, che da una parte godono di incentivi all’acquisto ai quali ha aderito anche il Comune proprio per il loro valore ecologico, ma che il Comune stesso ha condannato a pagare l’Area C dal prossimo febbraio perché ritenute “inquinanti”. Insomma, una beffa senza fine.


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