
Le tombe scavate nella roccia della Necropoli di Pantalica, a Sortino - G.Matarazzo
«La colonia di Siracusa, che occupò il territorio dove si era precedentemente sviluppata la civiltà preistorica di Pantalica, divenne presto il più importante centro della cultura greca del Mediterraneo, primeggiando anche sulle rivali Cartagine e Atene. A Siracusa vissero e operarono importanti personaggi del pensiero e dell'arte dell'antichità, quali Pindaro, Eschilo e Archimede, il cui nome è rimasto legato a quello della città. La stratifi-cazione umana, culturale, architettonica e artistica che caratterizza l'area dimostra come non ci siano esempi analoghi nella storia del Mediterraneo, che pure è caratterizzato da una grande diversità culturale: dall'antichità greca al barocco la città è un significativo esempio di un bene di eccezionale valore universale». Con questa motivazione, l’Unesco, il 17 luglio del 2005, a Durban in Sudafrica, decideva l’inserimento di Siracusa e delle necropoli rupestri di Pantalica (le più grandi della tarda età del bronzo in Europa, in territorio di Sortino, con Ferla e Cassaro) fra i siti Patrimonio dell’Umanità. Una targa in pietra posta all’ingresso di Palazzo Vermexio, sede del Comune di Siracusa, lo ricorda, in uno degli angoli di piazza Duomo, quel capolavoro di pietra e luce che avvolge i visitatori che dal dedalo di vicoli di Ortigia si ritrovano nel cuore dell’isolotto, davanti alla Cattedrale costruita sul Tempio di Atena, in una singolare stratificazione di culti pagani e religiosi, fra l’arcivescovado (Kairòs organizza visite alla scoperta dell’Athenaion e della Biblioteca Alagoniana, oltre alle Catacombe di San Giovanni), la chiesa di Santa Lucia alla Badia e Palazzo Beneventano del Bosco. L’abbagliante piazza di Malena (il film del Premio Oscar Giuseppe Tornatore, con Monica Bellucci) è oggi uno dei luoghi simbolo della Sicilia e dell’Italia nel mondo. Qui si incontrano e si intrecciano tante anime e miti. Da quello di Aretusa e Alfeo, custodito nella vicina fonte, fra i papiri, ad Archimede che guarda il mare dal porto, ai tanti personaggi della mitologia passati fra il Teatro Greco e l’Orecchio del tiranno Dionisio e tutti quelli che nella suggestiva cavea risalente al V secolo a. C. rivivono con il ciclo di rappresentazioni classiche della Fondazione Inda (la prima edizione è del 1914) in un eterno dialogo con il tempo, attraverso i testi di Sofocle, Eschilo, Euripide o Aristofane.

Al Teatro greco di Siracusa uno degli spettacoli della stagione delle rappresentazioni classiche dell'Inda: la “Lisistrata” di Aristofane con Lella Costa per la regia di Serena Sinigaglia - G.Matarazzo
Fra maggio e giugno, il cuore delle tragedie (quest’anno l’Elettra di Sofocle per la regia di Roberto Andò con Sonia Bergamasco ed Edipo a Colono, sempre di Sofocle, per la regia di Robert Carsen con Giuseppe Sartori, che chiude stasera). Ieri l’ultima della commedia Lisistrata di Aristofane, per la regia di Serena Sinigaglia con Lella Costa, sul tema attualissimo delle donne e della guerra. Poi tocca all’Iliade di Giuliano Peparini (dal 4 al 6 luglio) che rievoca l’opera di Omero e il duello fra Achille ed Ettore nella Guerra di Troia. Il regista sarà protagonista anche della giornata che ricorda il ventennale del riconoscimento Unesco, proprio il 17 luglio, con uno spettacolo sul fondatore di Siracusa che qui arrivò da Corinto nel 734 a.C., Archia, prodotto dal Comune, dall’Inda e dal Parco archeologico (prima e dopo, gli eventi fissi dell’estate siracusana: le Feste archimedee dal 2 al 6 luglio, il premio letterario Vittorini a inizio settembre e l’Ortigia film festival, dal 20 al 27 settembre). Eventi e mostre, come quella eccezionale e diffusa fra il Parco archeologico della Neapolis, Ortigia e il Parco dell’Etna sullo “Sguardo di Igor Mitoraj: Humanitas e Physis”, la più grande esposizione all’aperto mai realizzata delle opere dell’artista polacco (fino al 31 ottobre). Sculture colossali fra le pietre greche, con l’alata “Icaria” posta di fronte al mare, accanto al Castello Maniace, altro luogo imperdibile, sulla punta estrema dell’isola, testimonianza del periodo svevo, che prende il nome del condottiero bizantino che tra il 1038-1040 strappò la città alla dominazione musulmana.

La luce abbagliante di Piazza del Duomo, a Siracusa - G.Matarazzo
Se tornando in piazza Duomo una visita inedita merita l’ipogeo che dal punto più alto di Ortigia porta al Foro Italico dove si trovano le mura della Marina, addentrandosi fra i vicoli dell’isola si può scoprire il quartiere ebraico, la Giudecca, visitare un’antica Sinagoga e “immergersi” nel Bagno Ebraico di via Alagona: il miqweh, a 18 metri sotto il livello stradale, alimentato da acqua pura sorgiva, è fra gli unici bagni rituali in Europa che conservi a tutt’oggi tutta la sua integrità. Lasciando la città, il territorio siracusano è sinonimo di mare cristallino, spiagge caraibiche e scogli suggestivi (dalla più turistica Fontane Bianche all’area protetta del Plemmirio, fino a Vendicari, Noto e Portopalo di Capo Passero), ma puntando verso Sortino e i monti Iblei, ecco l’altra meta, quella meno conosciuta e sorprendente di questo sito Unesco. Nel dialogo fra le pietre vive dei greci e quelle silenziose dei morti nelle terre di Re Hyblon. «Siracusa e Pantalica – ha detto il sindaco Francesco Italia nel presentare le iniziative del Ventennale – hanno chiesto a buon titolo di diventare Patrimonio dell’Umanità non solo per i monumenti e per le antiche pietre ma per quanto hanno rappresentato nel processo di crescita civile e culturale che ha visto questo territorio protagonista assoluto nel continente almeno fino al Medioevo, passando per la diffusione del cristianesimo all’inizio del primo secolo, con l’apostolo Paolo (che partendo da qui raggiunse Roma e poi tutta l’Europa) e il primo vescovo Marciano». «Quando nel cuore degli Iblei abbiamo accolto la notizia del riconoscimento, abbiamo avuto la conferma che anche in Sicilia è possibile sognare e osare – ha aggiunto Orazio Mezzio, che da sindaco di Sortino dell’epoca fu promotore della candidatura delle necropoli di Pantalica -. Consapevoli che un sito può vantarsi l'egida della Word Heritage List solo se è fruibile democraticamente, gli amministratori, in sinergia, proponemmo un piano di gestione che unisse sotto l'Unesco i territori e le loro singolarità maturate nel tempo. È come se Re Hyblon e Ducezio avessero firmato un patto di amicizia con Archia e Gelone per ridare lustro a tutto il Sud-Est dell'Isola».

Le tombe scavate nella roccia della Necropoli di Pantalica - G.Matarazzo
Con questo spirito vale la pena allora esplorare il territorio e percorrere l’itinerario che lega le pietre di Siracusa e quelle Pantalica, a 35 chilometri di distanza, viaggiando nella storia e nel tempo. Farlo risalendo un fiume, l’Anapo, che unisce intere civiltà con la forza “invisibile” (è il significato stesso della parola) delle sue acque che scompaiono e riappaiono fra le rocce, ai piedi di pareti calcaree a strapiombo su cui sono scavate cinquemila celle sepolcrali che formano un immenso alveare, proprio qui dove il miele, quello ibleo, cantato da Virgilio, Ovidio, Teocrito, è di casa (Sortino è fra i fondatori dell’Associazione delle Città del Miele). In un intreccio tra memoria e identità, tra leggenda e storia, si ripercorre il cammino di una terra che ha conosciuto tante civiltà. Pantalica divenne grandiosa nella tarda età del bronzo con l'avvento dei siculi che, constatata la sua posizione sicura rispetto agli insediamenti costieri, vi si stabilirono e ne fecero il centro preellenico più importante della Sicilia orientale. Una città vissuta per oltre 2400 anni sino alla fine del XII secolo. Dopo la fondazione di Siracusa, Pantalica perdette importanza, rifiorendo poi in epoca bizantina, come testimoniano i resti di quattro villaggi e tre chiesette: San Micidiario, l'Oratorio del Crocifisso e l'Oratorio di San Nicolicchio. A dominare la valle i resti dell'Anaktoron, il castello del principe costruito sull'altipiano che guarda fino al mare, lì dove confluisce l'Anapo. Ed è l’acqua di questo fiume che attraverso l’antico acquedotto Galermi voluto da Gelone nel 480 a.C. come un filo tesse una trama che lega Pantalica a Siracusa, lungo chilometri di cunicoli. Un’opera ingegneristica mirabile che ritrovò vita nel 1576 con un accordo fra Siracusa e il barone Pietro Gaetani per convogliare l’acqua di Sortino verso la città – attraverso un sistema di mulini – fino al colle Temenite, in cima alla cavea del Teatro greco. Ancora oggi qui zampilla l’acqua dell’Anapo. In quell’unione viscerale fra la città dei morti e il mito greco. In una Sicilia universale e senza tempo. Sito Unesco da vent’anni, ma con millenni di storia alle spalle.