martedì 18 settembre 2012
​Così l'amministratore delegato del Lingotto risponde alle polemiche montate in questi giorni a seguito dell'annuncio di voler rivedere il progetto industriale di “Fabbrica Italia”. Nel pomeriggio conversazione telefonica con il presidente del Consiglio, durante la quale si è convenuto di incontrarsi il 22 settembre alle 16 a Palazzo Chigi.
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Il presidente del Consiglio Mario Monti oggi pomeriggio ha avuto una conversazione telefonica con Sergio Marchionne, ad di Fiat, durante la quale si è convenuto di incontrarsi sabato 22 alle 16 a Palazzo Chigi. Lo rende noto un comunicato della Presidenza del consiglio. All'incontro parteciperanno, per il Governo, oltre al presidente Monti, il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera e il Ministro del Lavoro Elsa Fornero e, per la Fiat, il presidente John Elkann e l'ad Sergio Marchionne. Nell'occasione - ha assicurato Marchionne - verrà fornito il quadro informativo sulle prospettive strategiche del gruppo Fiat, con particolare riguardo all'Italia.​MARCHIONNE: FIAT NON LASCIA L'ITALIALa Fiat resterà in Italia: da noi l'auto è in agonia, ma "manterrò il Lingotto nel Paese con i guadagni fatti all'estero". Lo dice l'amministratore delegato della casa automobilistica, Sergio Marchionne, in un'intervista di Ezio Mauro al quotidiano La Repubblica. L'ad replica anche alle critiche ricevute: "Ci sono troppi maestri d'automobile improvvisati". "Non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andare via. Ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi", spiega. "Il mercato nazionale è crollato, se investissimo oggi come era nei nostri piani iniziali, falliremmo e io dovrei andare in giro con il cappello in mano. In Italia - prosegue - l'auto è precipitata in un buco di mercato senza precedenti, un mercato colato a picco, ritornato ai livelli degli anni '60. Abbiamo perso di colpo 40 anni". "Non sono l'uomo nero: finchè attaccano me, comunque nessun problema. Ma lasciate stare la Fiat, per rispetto e per favore". "Mi impegno - aggiunge - ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell'Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole".Immediata la replica dei sindacati. Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, chiede a Marchionne "di convocarci subito e di chiarire un solo aspetto: se il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il mercato oppure, o se a prescindere da questo lui non vuole più utilizzarlo". "Però - aggiunge Bonanni - voglio dire che a Pomigliano e Grugliasco dove sono stati fatti gli accordi, e sono orgoglioso di averli fatti, il problema non esiste più, nel senso che la Fiat lì produce ancora e proprio grazie a quegli accordi". Più duro il segretario confederale della Cgil, Nicola Nicolosi: "Il siparietto sul destino di Fiat e di 'FabbricaItalià è francamente indecente oltre che irrispettoso della vita e del futuro di decine e decine di migliaia di lavoratori. La nazionalizzazione - aggiunge Nicolosi - diviene ora un'esigenza necessaria a uscire dal teatrino, una volta acquisito il fatto che Marchionne non ha alcuna intenzione di garantire il futuro dell'azienda, benché Fiat e i suoi dipendenti rappresentino un patrimonio per tutto il Paese". "Vogliamo credere alle parole di Marchionne sul futuro ancora italiano di Fiat, - dice invece il segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella - ma chiediamo comunque un confronto per chiarire e conoscere prima ciò che intende fare per superare una crisi indubbiamente catastrofica". Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, resta convinto che "la Fiat ha in mente di andarsene dall'Italia. Il problema è ben più grave dell'ipotesi della chiusura di uno stabilimento". Infine per Roberto Di Maulo, segretario generale della Fismic "i poteri forti hanno cercato di scatenarsi contro la Fiat perché abbiamo cercato di innovare il sistema di relazioni industriali e di conseguenza il Paese". Ora, dopo le dichiarazioni rassicuranti di Sergio Marchionne, "speriamo che finisca tutto questo teatrino".
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