sabato 30 aprile 2016
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Caro direttore, mai come quest’anno il tema della lotta al caporalato si è posto come frontiera di una più generale battaglia per la dignità dei lavoratori. In agricoltura, il circuito infame dello sfruttamento ha causato nel 2015 la morte di almeno 13 braccianti. Donne e uomini, italiani e stranieri, che nella morsa del bisogno hanno accettato qualunque condizione lavorativa, finendo stritolati in un sistema controllato dalle agromafie, il cui giro di affari tocca i 16 miliardi l’anno. È a loro, soprattutto a loro, che dobbiamo rivolgere proposte e azioni coerenti con i principi che celebriamo il Primo Maggio. Il caporalato è un cancro secolare, il cui contrasto richiede un complesso ventaglio di strategie. Il pugno di ferro delle ispezioni va inasprito, come previsto dal ddl di novembre, ora all’esame del Senato, che recepisce richieste del mondo del lavoro e che ora va approvato senza indugi. Tuttavia, una politica incentrata solo sulla repressione è destinata a fallire. Occorre elevare la qualità del lavoro e delle imprese agricole con una impostazione commisurata alle caratteristiche di ogni territorio, di ogni realtà produttiva. Serve un approccio partecipato dalle parti sociali di categoria, che conoscono bene le specificità delle singole province, delle singole aziende. E che possono impiegare gli strumenti propri delle relazioni industriali, della contrattazione di secondo livello, della bilateralità. Ulteriore ostacolo arriva dall’utilizzo, ormai smodato, dei voucher. L’abuso è acclarato in tutti i settori, ma in agricoltura assume caratteristiche allarmanti a causa delle specificità di un settore che vive strutturalmente di stagionalità e di rapporti di brevissima durata. In tale contesto, la tipizzazione del ticket porta con sé lo smantellamento del sistema della contrattazione, creando situazioni permanenti di precarietà, insicurezza, ricattabilità. Insomma, il voucher si trasforma in un vero e proprio caporale di carta che colpisce le tutele, negando il diritto a pensione, assistenza, Tfr, malattia e ammortizzatori sociali. La tracciabilità annunciata dal ministro Poletti è un segnale importante, ma non risolutivo. Occorre lavorare a una regolamentazione nuova, recuperare lo spirito della legge istitutiva del 2007, che prevedeva l’utilizzo dei voucher solo per regolarizzare pensionati e studenti durante le vendemmie. Il Governo ha il dovere di coinvolgere le parti sociali agricole per i necessari correttivi, utilizzando come base di partenza interessanti progetti di legge già depositati in Parlamento, come il testo Damiano. È un impegno che riguarda il futuro di migliaia di lavoratori e di tante imprese che raccolgono la sfida della qualità produttiva, sapendo che solo filiere di eccellenza possono assicurare competitività nel mercato internazionalizzato. Un dovere per sindacato e impresa. E un imperativo per uno Stato che voglia mettere in campo strategie di sviluppo condivise e capaci di costruire un Paese più giusto, solidale e fondato sui valori del lavoro. * Segretario Generale Fai-Cisl © RIPRODUZIONE RISERVATA Luigi Sbarra
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