lunedì 4 febbraio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
​Salvati i lavoratori con 15 anni di contributi al 1992. Potranno andare regolarmente in pensione una volta compiuta l’età per la pensione di vecchiaia. Dopo tante proteste e contestazioni, alla fine i “quindicenni” l’hanno spuntata. Prima un comunicato del ministero del lavoro (che informava circa il proprio parere favorevole) e dopo la circolare dell’Inps n. 16/2013, è arrivato il via libera al mantenimento del diritto alla pensione di vecchiaia con vecchi requisiti della riforma Amato del 1992. Per lo più donne, si tratta di situazioni relative a lavori e attività discontinui (servizi domestici e familiari, lavoratori agricoli, lavoratori dello spettacolo). Circa 65mila lavoratori che eviteranno, così, la fossa dei contributi silenti.Di riforma in riformaPer inquadrare la vicenda occorre andare indietro nel tempo, esattamente a 20 anni fa. Epoca in cui già si discuteva di riforme previdenziali, di risparmi di spesa pubblica, di sistema insostenibile; per cui con la riforma Amato delle pensioni (dlgs n. 503/1992) fu deciso di elevare il requisito di contribuzione per ottenere la pensione di vecchiaia da 15 a 20 anni in misura progressiva negli anni. Il traguardo è stato raggiunto nel 2001: dal 1° gennaio di quell’anno, infatti, occorrono 20 anni di contributi per avere la pensione di vecchiaia retributiva (all’epoca, nel 1992, non esisteva ancora il regime contributivo che si affaccerà sul sistema pensionistico nel 1996). Ma furono introdotte delle eccezioni, con esonero dal nuovo requisito (20 anni) di chi risultasse ammesso a pagare i contributi volontari prima del 31 dicembre 1992 e per i soggetti ai quali, in considerazione della loro peculiare attività lavorativa (domestici, agricoli, pesca, spettacolo, etc.), si riconoscevano concrete difficoltà di raggiungere il nuovo requisito ventennale. A tutti loro, in altre parole, fu consentito di continuare ad avere la pensione di vecchiaia con i vecchi 15 anni di contribuzione. La riforma ForneroLa deroga è sopravvissuta a tutte le successive riforme: Dini (1995), Maroni (2004), Sacconi (2010) per citare le più rilevanti. Ma non a quella Fornero del 2011, per lo meno in base all’interpretazione fornita dall’Inps nella circolare n. 35/2012 che ne ha illustrato le novità. Succede, infatti, che il dl n. 201/2011 (la manovra Salva Italia contenente la riforma Fornero) equipara il requisito contributivo di tutte le pensioni di vecchiaia, sia di quelle appartenenti al regime retributivo che di quelle del nuovo regime contributivo intanto introdotto dal 1996; il nuovo requisito, unico, è fissato a 20 anni per chi va in pensione a partire dal 1° gennaio 2012. La penalizzazione sembrava dovesse colpire soltanto i lavoratori più giovani, cioè quelli appartenenti al regime contributivo i quali, fino all’anno prima (31 dicembre 2011), potevano andare in pensione anche con soli cinque anni di contributi (questo requisito è rimasto oggi valido soltanto se si va in pensione non prima dei 70 anni d’età). E invece no, non è stato così perché l’Inps, nel dettare istruzioni sulle nuove pensioni, ha ignorato la salvaguardia di chi aveva 15 anni di contributi al 1992, presupponendo pure per loro l’allineamento al nuovo requisito di 20 anni.Il dietrofrontCosì è stato fino al 30 gennaio scorso quando, incalzato anche da un’opinione pubblica contraria, il ministero ha deciso di fare marcia indietro. E con un comunicato stampa, il ministro del lavoro, Elsa Fornero, ha annunciato il suo via libera ad una circolare dell’Inps che ridà vita alle deroghe previste dalla riforma Amato, con esonero dal nuovo requisito di 20 anni di contributi per chi risultava ammesso a versare i contributi volontari prima del 31 dicembre 1992 e per i soggetti ai quali, in virtù della loro peculiare attività lavorativa (domestici, agricoli, pesca, spettacolo), si riconoscevano concrete difficoltà di raggiungere il nuovo requisito ventennale, ammettendoli perciò a avere la pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi una volta raggiunta l’età anagrafica. L’età per la pensioneIl 1° febbraio, infine, è arrivata anche la circolare dell’Inps (n. 16/2013). I 65mila fortunati devono adesso attendere soltanto di compiere il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia, ossia spegnere le candeline del compleanno e dal mese successivo potranno intascare la pensione. Il requisito anagrafico (età), tuttavia, non sfugge alle novità della riforma Fornero, in quanto non incluso nella deroga della riforma Amato. Pertanto, a decorrere dal 1° gennaio 2013, i lavoratori interessati possono conseguire la pensione di vecchiaia, con almeno 15 anni di contributi al 1992, compiendo un’età pari a:• 62 anni e 3 mesi per le lavoratrici dipendenti; • 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome;• 66 anni e 3 mesi per i lavoratori dipendenti, le lavoratrici dipendenti del settore pubblico, i lavoratori autonomi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: