sabato 20 marzo 2010
Mentre il petrolio oscilla attorno agli 80 dollari al barile, e ci si avvicina al periodo pasquale, i prezzi della benzina sono tornati oltre quota 1,4 euro. Listini alle stelle, si invoca la riforma. Ecco il meccanismo che alimenta il caro benzina
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La tregua è durata una sola settimana. Da venerdì il prezzo della benzina è tornato a salire, con l’Agip, il maggiore gruppo della distribuzione in Italia, che ha portato la sua indicazione ai gestori a 1,409 euro al litro. Le altre compagnie le sono andate dietro, e ieri solo una aveva un prezzo consigliato sotto gli 1,4 euro al litro. I prezzi sono ai massimi dall’ottobre del 2008, mentre rispetto a gennaio oggi il pieno di un’auto con 50 litri di serbatoio costa 5 euro in più. I rincari hanno riaperto le polemiche, tra accuse di speculazioni e difesa delle compagnie. Tutti invocano una riforma del sistema di distribuzione che l’Italia aspetta da almeno un decennio. Nell’attesa noi proviamo a fare chiarezza.Listini alle stelle, si invoca la riforma. Ecco perché 1 Quella della «doppia velocità» dei prezzi di petrolio e benzi­na è una sensazione diffusa tra automobilisti e consumatori, ma è difficile dimostrare rilevanti a­nomalie. Le ragioni sono principal­mente due: il prezzo di riferimento della materia prima per la benzina non è quello del petrolio, ma del­l’indice internazionale Platts, che re­gistra il prezzo medio a cui vengo­no venduti i prodotti raffinati dal pe­trolio e il cui andamento è spesso divergente rispetto alle quotazioni del greggio; inoltre, i barili di petro­lio sono pagati in dollari, mentre il prezzo della nostra benzina è in eu­ro, e dunque nel fare paragoni si de­ve tenere conto della variazione dei cambi. Grandi speculazioni si pos­sono verificare a monte, sui listini del greggio o nelle fasi di estrazione. Oppure nel passaggio della raffina­zione, dove tra scorte e stoccaggi i raffinatori possono compiere ma­novre ardite, quando sui mercati del greggio si registrano variazioni e­streme. L’effetto di questi interven­ti, in realtà, può essere importante sui grandi numeri, ma non è così e­vidente sul prezzo finale della ben­zina, che può essere confrontato con quello di altri Paesi. Una recente in­dagine dell’autorità Antitrust non ha trovato prove di distorsioni del mercato, e il presidente Antonio Catricalà ha dichiarato di pensa­re che ci sia qualcosa di anoma-­lo, ma che «i petrolieri riescono a produrre studi e ricerche che dimostrano il contrario». 2 Il fenomeno si verifica abbastanza puntual­mente. E non è esclu­so che le compagnie ne approfittino. Tuttavia, anche in questo caso, stu­di seri che possano dimo­strarlo sono difficili da tro­vare. Di certo c’è che, co­me avviene per i titoli delle società quotate, per i pomodori o i prezzi del­le case, anche il merca­to della benzina deve sottostare alla logica della domanda e del-­l’offerta: quando la do­manda aumenta cresce anche il prezzo, e vice­versa. La pazza altalena del valore del barile di petrolio tra il 2007 e il 2008 – con punte massi­me di 147 dollari e cadute fino a 36 dollari – è stata do­vuta a grossi fenomeni di spe­culazione sui mercati da parte di grandi investitori come gli hedge fund, ma a determinare il crollo è stato anche il calo della do­manda mondiale provocato dalla re­cessione. Decisivo resta così il nodo delle raffinerie (in Italia ne abbiamo 16, ma il settore è in forte crisi), pas­saggio obbligato per trasformare il greggio in benzina e gasolio. Fun­zionano come un imbuto: quando faticano nel far fronte alla doman­da, come avviene agli inizi dell’in­verno per l’accensione degli im­pianti di riscaldamento, o quando devono mandare ai distributori il carburante per le auto pronte a par­tire per le vacanze, i prezzi vanno in tensione. Anche per questo non sempre il prezzo della benzina e quello del Platts si muovono in pa­rallelo. 3 L’accisa sulla benzina negli anni è stata gonfiata di volta in volta dai governi per racco­gliere rapidamente denaro. La guerra d’Abissinia è la voce più in- credibile, ma stiamo ancora pagan­do per finanziare la solidarietà ai di­sastrati dei terremoti del Friuli (an­no 1976) o dell’alluvione di Firenze del 1966. In realtà tutte le voci del­l’accisa sono state unificate con un decreto legge del 1995, che fissava il valore della tassa sulla benzina a po­co più di 1.000 lire, cioè 51,8 cente­simi di euro. L’imposta è stata por­tata a 54,2 centesimi nel 2001, a 55,9 nel 2003 (per il rinnovo del contrat­to dei tranvieri) e a 56,4 centesimi nel giugno 2001, per «misure urgenti di tutela ambientale». Sui carburanti si paga anche una «tassa sulla tassa», visto che l’Iva della benzina si ap­plica anche all’accisa. In sostanza, se prendiamo i prezzi dell’8 marzo scorso, quando un litro di «verde» costava 1,352 euro, il prezzo indu­striale risultava di 56,3 centesimi, l’accisa di 56,4 centesimi l’Iva di 22,5 centesimi. In pratica su 50 euro di pieno, 29,15 euro (il 58,3%), se ne vanno in tasse. 4 Tra i Paesi dell’area euro, te­nendo come riferimento i prezzi dell’8 marzo, l’Italia con 1,352 euro al litro risultava al quinto posto tra i Paesi con la ben­zina più cara, dietro Olanda (1,480 al litro), Grecia (1,369), Finlandia e Germania (1,363). Le differenze so­no dovute soprattutto a ragioni fi­scali, dato che i 77 centesimi medi di tasse su ogni litro pagati dagli ita­liani nel 2009 sono più della media europea (che è stata di 66,2 centesimi), ma in linea con quello delle al­tre grandi nazioni: 85,6 centesimi al litro le tasse dei tedeschi, 80,4 cen­tesimi quelle dei francesi. Il vero pro­blema italiano, dunque, è il prezzo industriale, che al netto delle tasse non ha pari in Europa. La differen­za tra il nostro prezzo industriale e quello europeo ha registrato una media di 3,47 centesimi tra il 2005 e il 2009 (anche se nell’ultima rileva­zione, quella del 15 marzo, è scesa a 2,6 centesimi). È il cosiddetto «stac­co » italiano, ed è particolarmente e­levato.  Tutti gli sforzi, oggi, sono o­rientati a ridurre questo divario. 5 Il prezzo Platts per la materia prima è rilevato a livello in­ternazionale. Più importante per capire chi guadagna sui carburanti risulta invece la voce «ri­cavi industriali», che vale circa 14,7 centesimi su 1,236 euro al litro, cir­ca il 12%. Questa voce copre vari co­sti: il margine per il gestore della pompa (4,4 centesimi), il costo del­la distribuzione e del trasporto (1,1), i soldi investiti sul punto vendita (5,3), tasse e canoni (1,1), promo­zioni, spese per le carte di credito e pubblicità (1,3), manutenzione de­gli impianti (0,5). Resta 1 centesimo, l’utile netto della compagnia petro­lifera. Una cifra minima, che diven­ta enorme se si considera che l’an­no scorso in Italia sono stati consu­mati circa 40 miliardi di litri di car­burante, ma che su un rifornimen­to da 50 litri incide per circa 50 cen­tesimi. Il centro studi bolognese Pro­meteia ha confrontato i prezzi di pe­trolio e benzina dal 1997 al 2009 ed è arrivata alla conclusione che non vi sono anomalie degne di nota. 6 Per ridurre il « divario » con l’Europa occorre concentrar­si sulla riforma del sistema di distribuzione. La pensano co­sì anche le maggiori associazioni dei consumatori, che invocano gli effetti benefici di una maggiore pre­senza di distributori nei supermer­cati (Federconsumatori) o su ridu­zioni della componente fiscale (le chiede l’Adoc). Secondo uno stu­dio di Nomisma Energia, i 3,5 cen­tesimi di stacco con l’Europa pos­sono essere recuperati con varie a­zioni. Eccole. Una maggiore diffu­sione dei distributori nei super­mercati porterebbe risparmi da 0,6 centesimi al litro, una riduzione della nostra rete (che conta 22.800 pompe contro le 12.700 della Fran­cia e le 14-800 della Germania) ta­glierebbe il prezzo di altri 0,7 cen­tesimi. Un altro centesimo si po­trebbe ottenere permettendo ai di­stributori di vendere più prodotti diversi dalla benzina, dai giornali ai tabacchi, e un ulteriore rispar­mio da 1,1 centesimi sarebbe ga­rantito da un maggiore uso del self­service, da noi usato nel 29% dei casi contro una media europea che arriva al 90%. Tutti punti, questi, al­lo studio del ministero dello Svi­luppo economico che da mesi, as­sieme all’Unione petrolifera e alle associazioni dei consumatori pre­para una riforma del settore. Tra le proposte c’è anche quella di ag­giornare i prezzi solo settimanal­mente. Nel frattempo, chi cerca ri­sparmi sicuri può rivolgersi alle « pompe bianche » , stazioni di di­stribuzione indipendenti che rie­scono a fare prezzi inferiori a quel­li delle compagnie tradizionali. Si può trovare la stazione più econo­mica del proprio quartiere sul sito www.prezzibenzina.it, aggiornato quotidianamente. Informarsi, è il miglior modo per risparmiare. La tregua è durata una sola settimana.
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