martedì 18 ottobre 2011
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Il papà può prendere i permessi per “allattamento” anche quando la mamma è casalinga, se questa è impossibilitata ad accudire i figli. Lo ha spiegato l’Inpdap nella nota operativa n. 23/2011, dando seguito ad una decisione del Consiglio di Stato (sentenza n. 4293/2008). L’argomento riguarda i cosiddetti “riposi orari” (l’ex “allattamento) che la disciplina sulla maternità riconosce alla madre come possibilità per allevare il neonato nel primo anno di vita. Sono piccoli, ma frequenti (quotidiani) permessi orari dal lavoro, che spettano durante il primo anno di vita del figlio. Spettano anche al genitore adottivo e/o affidatari e, dall’11 agosto 2011 (a seguito del decreto legislativo n. 119/2011 di riforma), sono fruibili entro il primo anno dall’ingresso del minore in famiglia e non più entro il primo anno di vita del bambino (come è stato fino al 10 agosto). I permessi di allattamento (i riposi orari) sono riconosciuti, su richiesta della lavoratrice dipendente madre, nelle seguenti misure:• due ore se l’orario di lavoro giornaliero risulta pari o superiore a 6 ore (cioè se l’orario di lavoro quotidiano è superiore a 5 ore e 59 minuti); • un’ora in caso d’orario giornaliero di lavoro di durata inferiore a 6 ore.Il padre anch’egli lavoratore dipendente ha diritto di fruire dei riposi orari per allattamento soltanto in alcune specifiche situazioni: • nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; • nel caso i cui la madre non sia lavoratrice dipendente.In caso di parto plurimo (gemellare o plurigemellare) la durata dei riposi giornalieri è raddoppiata e le ore aggiuntive possono essere fruite anche dal padre. Per quanto riguarda il diritto ai permessi al padre, l’ipotesi di madre “non lavoratrice dipendente” è stata finora intesa nel senso di madre lavoratrice autonoma (per esempio artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, co.co.pro etc.) e non anche di madre “casalinga”. Con sentenza n. 4293/2008, il Consiglio di Stato ha interpretato in maniera più estensiva quest’ipotesi, equiparando alla “madre non lavoratrice dipendente” anche la casalinga impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato. Alla luce di tale sentenza l’Inpdap è intervenuta per illustrare i riflessi contributivi e procedurali di propria competenza. Prima di tutto ha spiegato che la nuova interpretazione, più estensiva, consente di riconoscere al lavoratore padre il diritto a fruire dei permessi orari anche nell’ipotesi in cui la madre svolga lavoro casalingo. Tuttavia, è necessaria la presenza di condizioni, “opportunamente documentate”, che impossibilitano la madre a prendersi cura del figlio, quale può essere l’impegno in altre attività (accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche e altre simili). In queste ipotesi il padre, lavoratore dipendente, può fruire dei riposi giornalieri nei limiti di due ore o di un’ora al giorno a seconda dell’orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato. Infine, l’Inpdap ha precisato che i riposi possono essere fruiti a partire dal giorno successivo ai tre mesi dopo il parto (periodo previsto per il congedo di maternità); che in caso di parto plurimo il padre lavoratore dipendente può fruire del raddoppio dei riposi e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche durate i primi tre mesi dopo il parto; che non è consentito in alcun modo il recupero delle ore di permesso eventualmente non godute.
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