venerdì 4 novembre 2016
Approvate le norme "secondarie" di attuazione della legge varata ad aprile. In primavera le nuove Spa, che probabilmente saranno due.
Riforma Bcc, Bankitalia detta linea e tempi
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La riforma delle 335 banche di credito cooperativo fa un altro passo verso il traguardo finale. La Banca d’Italia ha messo da ieri in campo le attese norme 'secondarie' (di attuazione della legge approvata ad aprile dal Parlamento) e ora si attende già entro la primavera 2017 la nascita dei nuovi gruppi bancari Spa. Presumibilmente saranno due, dopo il fallimento dei tentativi di tenere tutti assieme e lo 'strappo' consumato a metà ottobre dalle Bcc del Nord-Est rispetto a Federcasse, coagulati attorno a Iccrea e alla trentina Cassa Centrale Banca (più il gruppo provinciale di Bolzano), ma Bankitalia fa sapere che «non fa il tifo» per una delle due soluzioni. «A noi interessa solo che nascano gruppi molto robusti: chi ha detto che due, ma anche uno, non possano esserlo?», ha detto il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo. «Certo un unico gruppo può avere sulla carta maggiori sinergie, ma anche la coesione è un elemento essenziale», ha aggiunto.

In ogni caso, si tratterebbe di una soluzione anticipata di un anno circa rispetto alla scadenza disposta dalla riforma per i gruppi Spa, ovvero il 3 maggio 2018. E di «passo avanti» parla il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi, pur lamentando che «non è stata recepita appieno la sollecitazione a considerare il Gruppo bancario cooperativo qualcosa di realmente innovativo ed originale rispetto a quelli tradizionali». Si chiudono così mesi di trattative e discussioni che hanno provocato anche tensioni all’interno del mondo cooperativo. Ora resta da vedere se la Cassa Centrale (parte da un patrimonio di base di 234 milioni, ma ha già pronto un aumento di capitale per maggio 2017) che già raggruppa un gruppo di circa 90 istituti trentini, veneti e lombardi (più altri sul territorio nazionale, a esempio in Puglia) riuscirà a mettere assieme almeno 1 miliardo di euro di capitale, necessario per costituire il proprio gruppo che dovrà poi stipulare un 'contratto di coesione' con le singole banche.

Quindi partirà la fase realizzativa, con la scelta dei componenti del Cda della holding. Arrivi dall’esterno del mondo cooperativo non sono obbligatori, ma nemmeno esclusi. Chiunque andrà, dovrà però avere esperienza internazionale, visto che a vigilare i gruppi sarà la Bce. Il gruppo disegnato dalla riforma vedrà così in cima una (o più) capogruppo che, in caso di difficoltà delle banche aderenti, potrà far ricorso rapidamente al mercato dei capitali e aprire l’azionariato fino al 49%, oppure attingere al capitale in eccesso (rispetto ai requisiti prudenziali) delle singole Bcc aderenti. Una misura, questa, che aveva destato altri mugugni. In contropartita la capogruppo avrà poteri di coordinamento e controllo (che possono aumentare in proporzione alla 'rischiosità') e disporre di strumenti di early warning (avvertimento). Nemmeno le banche 'virtuose' potranno essere autonome e le sub-holding non potranno essere un «centro di potere aggiuntivo». Sono state recepite, infine, le raccomandazioni formulate dalla Bce nel parere del 31 agosto. Sulla vigilanza, comunque, la partita resta aperta. Sul gruppo spetta alla Bce (e all’Srb di Bruxelles la decisione sui salvataggi), ma proprio per la polverizzazione sul territorio delle Bcc è probabile che un ruolo resti a Bankitalia.

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