mercoledì 17 marzo 2021
Ha in media 56 anni (in linea con l’Europa), ha maturato 6,5 anni di esperienza come professionista ad interim ricoprendo ruoli da board/direzione generale, ha un incarico di 14,4 mesi
Federico Ferrarini, presidente di Leading Nework

Federico Ferrarini, presidente di Leading Nework - Archivio

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Molte aziende italiane negli ultimi anni hanno vissuto momenti di difficoltà a causa della mancanza di una classe manageriale adeguata. Un aiuto arriva dal temporary manager ovvero professionisti in grado di intervenire solo il tempo necessario per riorganizzare e rilanciare l’impresa e figure sempre più apprezzate dalle pmi italiane. Gli imprenditori hanno così la possibilità di avere risorse qualificate mantenendo una maggiore flessibilità e contenendo i costi, aspetti a cui sono particolarmente attenti. Secondo l’indagine promossa da Inima –network internazionale che raggruppa le associazioni di temporary manager in Europa - condotta su 750 professionisti adiInterim, a inizio anno (gennaio 2021) ben il 77% dei manager italiani intervistati risulta occupato con un contratto part-time (41%) o full time (36%). Un dato nettamente superiore alla media europea (55%). Per quanto riguarda l’utilizzo medio nel 2020, ovvero il rapporto tra giorni di attività rispetto al numero totale di giorni lavorativi, l’Italia si posiziona al terzo posto con il 59%, dietro solo alla Germania (73%) e alla Svizzera (65%).

Positive le attese per l’anno in corso, con il 70% degli intervistati che prevede uno sviluppo del mercato. «Il dato che emerge nell’indagine promossa da Inimaa livello europeo - spiega Jonathan Selby, presidente di Inima e consigliere di Leading Network - è che sempre di più l’utilizzo dei manager va verso un aumento della flessibilità. Ma mentre nel nord Europa questo si concretizza con una riduzione dei tempi degli incarichi, che sono in prevalenza full time, in Italia si registra un progressivo aumento delle missioni di Temporary management part-time, che ormai hanno superato il numero di quelle full-time».

«L’aumento progressivo dei contratti part-time in Italia, modalità presente da almeno una decina di anni in Italia, è dovuto al fatto che sempre più pmi sono interessate ad usare la figura del Temporary manager con l’obiettivo di contenere i costi – afferma Federico Ferrarini, presidente di Leading Nework –. Dalla ricerca emerge inoltre l’accentuata presenza nel mercato italiano, rispetto a quello europeo, delle missioni relative allo sviluppo del business, spinte probabilmente dagli incentivi statali a riguardo. Gli incentivi, infatti, possono fare da volano all’uso e agli interventi di temporary management che si ritengono più strategiche per lo sviluppo delle aziende».

Qual è il profilo del temporary manager in Italia raffrontandolo con i dati degli altri Paesi? Partiamo dall’età. Ha in media 56 anni (in linea con l’Europa), mentre i temporary manager più giovani sono in Austria e Polonia, dove la media è di 49 anni. Hanno maturato un’esperienza di 6,5 anni come professionisti ad interim ricoprendo ruoli da top manager C-level o superiore. I più “esperti” sono gli svizzeri (11,4 anni) e i manager del Regno Unito (10,3).

La durata media di un incarico a tempo in Europa è di 11,4 mesi, mentre in Italia è di 14,4 mesi, anzi alcuni durano oltre due anni con la formula part-time

Analizzando i ruoli ricoperti, a livello europeo i primi cinque riguardano il board/direzione generale (32%), le operation (9%) le risorse umane (9%),il finance (8%), e le vendite (6%). In Italia la richiesta è molto più alta nelle posizioni che riguardano il board/direzione generale (47%), nelle operation (16%) e nelle vendite (9%), anche se si è ben al di sotto della media europea nelle risorse umane (solo il 3%).

Tra le criticità che i manager italiani hanno dovuto affrontare nei loro ultimi incarichi si evidenzia al primo posto la gestione del cambiamento, indicata dal 15% degli intervistati, una tematica che però coinvolge i manager di quasi tutti i Paesi europei. Seguono lo sviluppo del business (9%) e l’ottimizzazione dei processi (8%).

Per dare un’ulteriore panoramica sul mercato nel 2020, è stato chiesto di riportare i dettagli del loro ultimo incarico. L'industria privata ha rappresentato ben il 90% degli incarichi temporanei in Europa, mentre in Italia il settore pubblico e non profit rappresenta solo il 2% (ultimo tra tutti i paesi). Tra i settori principali di attività, il Bel Paese si distingue nettamente per la percentuale più alta nella metalmeccanica (35%), contro una media europea dell’11%.

Sul fronte delle dimensioni aziendali, in Italia ben il 60% dei temporary manager ha lavorato presso aziende con meno di 100 dipendenti, contro una media europea del 31%; solo la Spagna ci supera con il 64%; questo dipende principalmente dal tessuto economico italiano e spagnolo composto prevalentemente da piccole-medie imprese.

Tradizionalmente i temporary manager italiani per proporsi sul mercato si sono affidati a due principali canali: il network personale, indicato dal 41% del campione, seguito dalle società specializzate nei servizi di temporary management (17%).

Quale tariffa professionale gli sta riconoscendo il mercato? Considerando che non esiste un “temporary manager medio” e che quindi le diverse professionalità possono discostarsi da una indicazione media, la tariffa giornaliera media fatturata nell'ultimo incarico è di 674euro al giorno (prezzo netto, escluse le spese e l’Iva), l’Italia è tra i Paesi con il costo più basso, con un valore nettamente inferiore alla Svizzera (1.385 euro) e alla Germania (1.198 euro).

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