martedì 8 dicembre 2020
Il terziario, dalla filiera del turismo alla distribuzione, è il più esposto secondo Tecnè e la Fondazione Di Vittorio
La pandemia ha peggiorato la situazione lavorativa di molte persone

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Sono passati più di otto mesi dall’inizio della pandemia che ha costretto il nostro Paese, come il resto del mondo, a imporre eccezionali misure di distanziamento per il contenimento del virus. Fin da subito è apparso evidente che il terziario, dalla filiera del turismo alla distribuzione, sarebbe stato il più esposto all’impatto economico determinato dall’emergenza sanitaria, in ragione delle caratteristiche delle attività. Per questo Tecnè e la Fondazione Di Vittorio, per conto della Filcams hanno condotto una ricerca per evidenziare gli impatti sociali ed economici del Covid-19 sul mondo del lavoro, prendendo in esame un campione di tutta la popolazione maggiorenne e di tutti i lavoratori occupati, confrontandola con il campione dei lavoratori del terziario. Un terziario eterogeneo, dal sistema dell’accoglienza alla distribuzione commerciale al terziario avanzato che dall’inizio della pandemia vede andamenti e reazioni diverse.

«Quella che viene confermata è la fotografia di un terziario che affronta ancora una fase di forte difficoltà e con tempi più lunghi di uscita dalla crisi, in particolare la filiera del turismo con effetti che si riflettono negativamente anche in altre filiere e settori», è il commento di Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams, la categoria della Cgil per i lavoratori del terziario, commercio, turismo e servizi.

La prima parte della ricerca analizza gli impatti sull’opinione pubblica. Alle misure restrittive messe in campo per rallentare la diffusione del virus si sono sommati gli effetti indiretti determinati dalla contrazione del reddito disponibile, la paura di ammalarsi e le incertezze rispetto al futuro. Le varie misure adottate per arginare la diffusione del virus hanno portato a modificare i comportamenti quotidiani con un effetto diretto sui consumi. Al cambio delle strategie di consumo si somma la crescita degli acquisti on line. Rispetto al 2019 crescono di due punti le famiglie che sperimentano il commercio elettronico, ma l’incremento da parte di chi già lo faceva precedentemente è ancora più consistente: più dell’80% per l’abbigliamento e gli articoli per la casa e quasi il 30% nell’alimentare. Cambiamenti importanti che sono destinati a sedimentarsi e a lasciare segni profondi nel vissuto quotidiano. Altrettanto importante nelle conseguenze sociali ed economiche è la percezione del rischio di subire un degrado nelle mansioni o nel reddito, oppure di perdere il lavoro. Il 39%, infatti, ritiene che l’epidemia rappresenti un rischio per la sua occupazione (47% tra i lavoratori del terziario), il 29% pensa che un fattore di crisi sia il commercio elettronico (38% nel terziario) e il 31% che i pericoli arrivino dall’innovazione tecnologica e dall’intelligenza artificiale (38% nel terziario).

L’altro versante dell’indagine riguarda gli impatti sulle imprese. La risposta alla crisi è andata prevalentemente nella direzione di una riduzione delle ore lavorate (68%): per mantenere la linea di galleggiamento il 70% ha fatto ricorso alla Cig (cassa integrazione), al Fis (fondo di integrazione salariale) e ad altri strumenti analoghi, il 35% ha adottato misure che hanno ridotto le ore di lavoro e il ciclo produttivo, facendo ricorso all’utilizzo delle ferie (35%), in particolare nella prima fase della crisi, mentre il 5% ha attivato corsi di formazione per il personale. Solo il 22% delle imprese sembra aver adottato misure orientate a rendere più efficienti i processi di produzione e a modificare i canali di vendita (15%), accelerando la transizione al digitale (9%).

«La crisi economica e sociale legata alla pandemia ha bisogno ancora di essere affrontata con sistemi di sostegno per evitare drammatici rischi occupazionali e di impoverimento delle persone con particolare attenzione alle categorie più fragili come donne e giovani - conclude Gabrielli - e mostra anche le trasformazioni su cui intervenire da subito per il post pandemia, data l’accelerazione digitale e tecnologica e la forte interdipendenza tra settori/filiere. Nella condizione di crisi ancora evidente, come nella costruzione necessaria di una prospettiva per la crescita e lo sviluppo, restano centrali il lavoro e la condizione delle persone a cui consegnare strumenti per affrontare le trasformazioni e le opportunità vere. La sfida che dobbiamo intraprendere è la costruzione di un modello economico e sociale sostenibile basato sulla qualità e dignità del lavoro in termini di diritti, tutele e riconoscimento economico da contrapporre alla precarietà, povertà e frammentazione con cui siamo entrati nell’emergenza sanitaria e che rischia di produrre ulteriori insostenibili polarizzazioni».

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