mercoledì 16 novembre 2016
Verso il no al bilancio europeo. Il sottosegretario Gozi a Bruxelles annuncia la riserva italiana.
Bilancio Ue, le ragioni del doppio azzardo di Renzi
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Tutto si lega. L’Italia torna a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel della crisi economica e dopo che lo spread sui tassi è risalito (ma il governo troppo esulta in relazione al risultato ottenuto), nelle stesse ore, compie un nuovo 'strappo' forte nel braccio di ferro che da mesi la vede contrapposta a Bruxelles, nell’affannosa ricerca di ulteriori spazi di 'agibilità' per le politiche nazionali. Nella volata finale che lo porterà al referendum, Matteo Renzi decide così di raddoppiare l’azzardo: a quello nazionale, che troverà risposta solo la notte del 4 dicembre, si somma ora quello comunitario, dove già aveva mandato un segnale a settembre nel vertice di Bratislava. Un pre-annuncio, quello del veto italiano, che curiosamente avvicina Renzi a Mario Monti, che a sua volta lo minacciò nel torrido 2012 sullo scudo anti-spread e sul bilancio 2014/20.

Reso onore al piglio battagliero del premier in un’Europa che sconcerta sempre di più (ultima prova: le porte spalancate alla Cina e alle sue merci proprio mentre l’America di Trump si appresta a decisioni opposte), vien da chiedersi però se questa mossa non sia un po’ tardiva. È dal Consiglio Europeo del dicembre 2015 che l’ex sindaco agita le acque nella Ue. Undici mesi lungo i quali è stata chiusa di fatto la rotta balcanica 'battuta' dai migranti e si è consentito alla Germania di tessere la tela per tenere agganciati i Paesi dell’Est e le loro esigenze.

L’Italia, invece, è rimasta inascoltata. Una condizione, questa, che spinge a chiedersi però anche quale sia la capacità del presidente del Consiglio di stringere alleanze in questo continente disgregato e centrifugo. La stessa Francia di Hollande ha seguito una traiettoria diversa. Pur muovendo da basi di partenza valide, in Italia come all’estero Renzi corre lo stesso rischio: ritrovarsi isolato (anche se sulla manovra – va detto – un salvagente gli è stato lanciato). Ecco allora che si rafforza la valenza anche europea del referendum-spartiacque. Solo se puntellato dalla vittoria del Sì, Renzi potrà avere la forza di proseguire la battaglia a 360 gradi. Il ministro Padoan ha rivendicato «una crescita più robusta di quanto alcuni avevano previsto». Vero, ma ha sorvolato sul fatto che l’economia reale sta tornando in deflazione. La svolta non si fa con un Pil sotto l’1 per cento.

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