martedì 21 dicembre 2021
Il dato arriva dal rapporto Anpal sugli effetti del reddito di cittadinanza. Sono oltre 1,8 milioni i percettori della misura. L'indagine prende in esame il periodo aprile 2019-settembre 2021
Oltre 1,8 milioni i beneficiari del reddito di cittadinanza

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«Il reddito di cittadinanza è una misura solidaristica. Non è una trappola della povertà. Dobbiamo lavorare sulle competenze e l’occupabilità dei beneficiari, migliorando la sinergia con le Agenzie per il lavoro». Lo afferma Raffaele Tangorra, commissario straordinario di Anpal-Agenzia nazionale politiche attive del lavoro, presentando il rapporto La condizione occupazionale del beneficiari Rdc.

La ricerca riguarda il periodo aprile 2019-settembre 2021. I beneficiari del Rdc indirizzati ai Centri per l’impiego sono stati 1,8 milioni, di cui il 40% (725mila) ha avuto almeno un rapporto di lavoro durante il periodo della misura. Circa 320mila beneficiari erano già occupati all’ingresso, ma poco meno della metà ha comunque attivato un nuovo posto di lavoro dopo l’assegnazione del beneficio. Complessivamente, quasi 550mila beneficiari hanno attivato un nuovo rapporto di lavoro dopo aver avuto accesso al la misura. «Una buona parte della platea di beneficiari indirizzati ai Centri per l’impiego ha caratteristiche di occupabilità deboli – spiega Tangorra –. Più della metà non ha avuto alcuna esperienza lavorativa negli ultimi tre anni. Quanto a coloro che hanno avuto un’occupazione nei tre anni precedenti, in un quarto dei casi si tratta di disoccupati di lunga durata».

I beneficiari indirizzati ai Centri per l’impiego che hanno sottoscritto un Patto per il lavoro sono poco più del 40%. Questo segmento mostra un’incidenza maggiore di attivazione di rapporti di lavoro, rispetto a chi non ha sottoscritto il Patto, pari a un +10% a livello nazionale (nel Nord 20% e nel Mezzogiorno 2%). Tra coloro che erano senza un’occupazione nell’ultimo triennio l’incremento sale al 23% (con punte del 35% al Nord e di quasi il 20% nel Mezzogiorno). Il tasso di occupazione dei beneficiari all’ingresso nella misura è poco meno del 18% e a sei mesi di distanza dalla prima erogazione del beneficio raggiunge quasi i l 23% per mantenersi su questo livello anche a 12 mesi. I rapporti di lavoro attivati da beneficiari di Rdc sono in misura predominante a tempo determinato: si tratta dei due terzi del totale, mentre quelli a tempo indeterminato sono meno della metà dei rimanenti, ma comunque uno su sette. Secondo il commissario «non si tratta di valori troppo distanti da quelli registrati nel complesso del mercato del lavoro: 63% i tempi determinati e 18% i tempi indeterminati, a fronte dei quali è finanche sorprendente il dato sui lavori stabili dei beneficiari del Rdc, considerata la loro fragilità». A caratterizzare i tempi determinati è però la durata molto breve: più di due terzi ha una durata inferiore a tre mesi, di cui la metà con durata inferiore a un mese. È anche l’effetto della distribuzione per settori – preponderanti i servizi della logistica, la ristorazione, l’agricoltura e, per gli uomini, le costruzioni. In oltre il 90% dei casi le competenze richieste sono basse o medio-basse.

«Il Rdc non è un disincentivo all’occupazione – conclude Tangorra –. Cade interamente la narrazione portata avanti dai soliti noti. Il Rdc è una misura di civiltà che, durante la pandemia, ha protetto milioni di cittadini e ha garantito stabilità sociale. Con la legge di Bilancio l’abbiamo rifinanziata e migliorata, ma indietro non si torna». Inoltre con il programma Gol-Garanzia occupabilità dei lavoratori, sono previsti i primi 880 milioni di euro dei 4,4 miliardi di euro complessivi che il Pnrr destina alle politiche attive per l’occupazione, a cui si aggiungono i 500 milioni di euro di React-EU, oltre a 600 milioni di euro per il rafforzamento dei Centri per l’impiego e altri 600 milioni per il rafforzamento del sistema duale.

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