sabato 19 luglio 2014
​Presentato il Rapporto Industria.  Il segretario generale Bonanni: «L'Italia è ancora lontana dall'uscita della crisi economica e sociale. Non possiamo continuare a perdere occupazione senza che ci sia un impegno straordinario di tutti».
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Sono 136.616 i lavoratori che rischiano di perdere il posto, nel corso del 2014, nei settori della manifattura e delle costruzioni. È la stima fatta dalla Cisl nel Rapporto Industria. Insomma ogni mese che passa sarebbero più di 10mila i posti in bilico. Un dato peggiore dell'11% rispetto alle stime 2013. "L'Italia è ancora ben lontana dall'uscita della crisi economica e sociale - commenta il segretario Generale della Cisl, Raffaele Bonanni -. Non possiamo continuare a perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro senza che ci sia un impegno straordinario di tutti". E aggiunge: "La via di uscita per un'Italia bloccata e in ripiegamento, con divari sociali crescenti, non può essere affidata ai soli margini di flessibilità che l'Unione Europea può concederci, necessari ma non risolutivi dei nostri nodi strutturali". Per crescere, secondo Bonanni "occorre disporre di progetti d'investimento territoriali validi e remunerativi, sostenuti da buone capacità imprenditoriali e da nuovi canali finanziari, a partire da una potenziata Cassa Depositi e Prestiti, che mobilitino il risparmio nazionale e attraggano investitori dall'estero". Sulla stessa linea il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra, secondo cui "il ciclo negativo dell'industria non è ancora superato" e "dopo sei anni di crisi che sono costati la perdita di 900.000 posti di lavoro", ora "sono a rischio quasi 140.000 posti di lavoro, mentre i livelli produttivi sono quasi fermi". Per il sindacalista "oggi fare ogni sforzo per scongiurare una preoccupante prospettiva di stagnazione". Tornando al Rapporto, la Cisl vede "in costante crescita il numero di interventi per le persone che hanno perso il lavoro", registrando un'impennata del 66,5% in tre anni (2010-2013) degli "interventi di sostegno", arrivati a superare quota 2 milioni. E l'aumento più forte riguarda i lavoratori in mobilità, 217.597 nel 2013, saliti di oltre l'80% nello stesso periodo. La crisi ha colpito soprattutto l'industria manifatturiera e le costruzioni, che hanno subito complessivamente, tra il 2008 e il 2013, quindi in 5 anni, circa l'89% della diminuzione totale degli occupati. La perdita di posti nel comparto, sottolinea il sindacato, è stata pari a "482.396 mila". "La gran parte delle imprese ha affrontato il tunnel della crisi a denti stretti, facendo ordine innanzitutto in casa propria", spiega il rapporto della Cisl. E fra le modifiche interne alle aziende, "rilevante, quanto prevedibile, è stata la riduzione permanente del numero di occupati, per il 27,8% delle imprese". Un ridimensionamento forte "che ha accompagnato, e probabilmente limitato, altre strategie possibili, come la delocalizzazione all'estero ed il decentramento produttivo in Italia". La delocalizzazione all'estero, fa sapere lo studio, "ha riguardato solo l'8,7% delle imprese, bilanciata dal 7,6% di flussi inversi, dall'estero in Italia". Inoltre, il dossier, "il rientro in azienda di attività decentrate a livello nazionale, pari al 20,4% delle imprese, è stata superiore alle attività decentrate a livello nazionale (16,4%), presumibilmente per l'esigenza delle imprese di affrontare in casa i problemi di un migliore controllo di qualità dei prodotti". Guardando ai diversi settori industriali la Cisl nota "un mix di ripresa e recessione". Dal lato della produzione, sette settori sono "tendenzialmente in ripresa (metallurgia, mezzi di trasporto, gomma e materie plastiche, prodotti chimici e farmaceutici, prodotti tessili e abbigliamento, alimentari)"; invece "cinque sono in recessione(apparecchiature elettriche e non elettriche, prodotti petroliferi raffinati, macchinari e attrezzature, computer e prodotti elettronica e ottica, energia elettrica, gas e acqua)".
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